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IL PILOTA GENTLEMAN...CHI ERA EUGENIO CASTELLOTTI

DI FLAVIA DELFINI

Riuscire a trovare le parole per raccontare la storia di un pilota ma non di un qualsiasi è difficile ma se si tratta di un pilota il cui talento era stato riconosciuto da Alberto Ascari tanto che per molti altri piloti era stato considerato il suo erede.

Andiamo a conoscere la storia di Eugenio Castellotti, del pilota che “non toglieva mai il piede dall'acceleratore".

 

 Eugenio Castellotti nacque a Lodi il 10 ottobre del 1930 da una famiglia di ricchi proprietari terrieri di Lodi e la madre cameriera tanto che all’inizio Eugenio venne registrato all’anagrafe con il cognome “Clerici” finché, all’età di 9 anni, venne riconosciuto.

 

Il padre benché appassionato di auto da corsa non vedeva di buon occhio l’interesse per le gare automobilistiche ma quando, nel 1950, il padre venne a mancare Eugenio Castellotti si ritrovò con una quantità di ricchezza tale da permettergli di iniziare la propria carriera automobilistica acquistando una Ferrari 166 MM. Proprio con la vettura appena acquistata, nel giro di due anni, ottenne un sesto posto alla Mille Miglia del 1951 oltre a partecipare al Campionato di Formula 2 dove ottenne la vittoria nella Coppa d’Oro di Sicilia e nel Gran Premio del Portogallo.

 

A Monza, quello stesso, conobbe Alberto Ascari figura che si rivelerà fondamentale per Castellotti a cui dovrà l’essere riuscito a continuare la sua carriera oltre ad aver instaurato un bel rapporto d’amicizia. L’essere riuscito a concludere la Mille Miglia, gli permise di ottenere un contratto con la Lancia con cui parteciperà alla Carrera Panamericana in cui Castellotti dette prova di tutto il suo talento concludendo quella gara massacrante al terzo posto, preceduto solamente da Juan Manuel Fangio e Piero Taruffi.

 

 

Eugenio Castellotti in quei primi anni era riuscito a dimostrare il suo talento, le sue doti di guida che permisero ad Alberto Ascari di procurargli un contratto con la  Lancia che lo inserì in un programma che gli permise di debuttare in F1 nella stagione del ‘54. Purtroppo la progettazione e la messa a punto della Lancia D-55 fu talmente lunga da permettere a Castellotti di debuttare soltanto nel 1955 quando in occasione del Gran Premio di Monaco ottenendo un secondo posto ma la morte di Alberto Ascari avvenuta dopo una settimana da questo bel risultato portò la Lancia a decidere di ritirarsi dal Mondiale di F1 di quell’anno. Gianni Lancia, decise comunque di consentire a Eugenio Castellotti di guidare la D-50 in occasione del gran premio del Belgio in occasione del quale ottenne l’unica pole position senza conoscere il circuito mentre in gara purtroppo fu costretto al ritiro mentre era in terza posizione dietro Fangio e Moss su Mercedes.

 

Dopo il Gran Premio del Belgio Castellotti passò a Ferrari con la quale terminò le ultime tappe della stagione: dopo il gran premio d’Olanda e Gran Bretagna dove ottenne rispettivamente un quinto e un sesto posto, per il Gran Premio d’Italia a Monza la scuderia di Maranello decise di far debuttare le D50 donate da Lancia ma le vetture presentarono dei problemi; nonostante questo Castellotti pur di gareggiare con le più potenti autovetture era disposto a fermare una dichiarazione di responsabilità ma Enzo Ferrari glielo negò. Nonostante il problema avuto a Monza, Eugenio Castellotti concluse la stagione con un terzo posto con dodici punti ottenuti.

 

 

Nel 1956 Castellotti riuscì a dedicarsi sia a gare di durata, nelle quali vinse la Mille Miglia e la 12 ore di Sebring, sia alla F1 dove nonostante le ottime prestazioni nelle prove ottenne numerosi ritiri. Durante il Gran Premio di Francia Castellotti avrebbe avuto l’occasione di vincere la gara ma il direttore tecnico della squadra, Eraldo Sculati, gli chiese di far passare Peter Collins meglio piazzato in classifica piloti e quindi terminò la gara in seconda posizione.

 

Nel marzo del 1957 Eugenio Castellotti che in quel momento si trovava a Firenze venne richiamato da Enzo Ferrari in persona a recarsi all?autodromo di Modena per poter strappare a Jean Behra il record del circuito ma mentre affrontava la curva presso il rettilineo della Tribunette perse il controllo schiantandosi a 200 km/h. Per riuscire a comprendere ciò che accadde si avallarono numerose ipotesi che andavano dalla stanchezza accumulata da Castellotti data la tratta Firenze - Modena che compiva spesso perché la sua fidanzata si esibiva in uno spettacolo teatrale, ad un cedimento strutturale comunque qualsiasi sia stato il motivo non venne chiarito.

 

Quel 14 marzo è morto Castellotti come ne moriranno tanti nel giro di pochi anni, per le auto, per i sistemi di sicurezza quasi del tutto assenti. C’è però una costante che accomuna tutta una generazione di piloti: la velocità come unica cosa che li renda vivi, in quel limbo tra essere umano e divino.

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