DI FLAVIA DELFINI
Ci sono storie, personaggi che per diversi motivi vengono ricordati per un evento che in
qualche misura ha segnato la loro vita e la loro carriera. Quello che vorrei fare oggi è quello,
a pochi settimane dall’uscita del film “Ferrari”, di presentarvi un pilota che suo malgrado
viene ricordato per la tragedia di Guidizzolo del 1957 che ha così messo fine alla Mille Miglia
diventando così l'emblema dell'automobilismo degli anni ‘50.
Alfonso De Portago, nome completo Alfonso Antonio Vicente Eduardo Ángel Blas Francisco
De Borja Cabeza de Vaca y Leighton y Carvajal y Are marchese de Portago o come piaceva
essere chiamato lui “Fon” nasce a Londra l’ 11 ottobre del 1928 nel periodo in cui il
marchese Antonio con la moglie Beatrice Leighton, ricca ereditiera irlandese, risiedono nel
Regno Unito. Il marchese Antonio ha una profonda amicizia che lo lega al re Alfonso XIII
tanto da fare da padrino al bambino al quale gli verrà dato il medesimo nome del monarca
spagnolo. Ma in Inghilterra Don Antonio è un aristocratico che ama divertirsi passando il suo
tempo tra le più prestigiose sale da gioco inglesi e lo sport, in particolare il golf grazie al
quale si candida ad essere uno dei migliori giocatori del paese. E’ in questo ambiente che
Fon cresce passando tra le aule dei più importanti istituti d’istruzione ai campi sportivi dove
sfoga l’irruenza di un carattere che non si addice ad un ragazzo del suo rango.
Lo sport e la ricerca costante del limite sono ciò che gli permettono di esprimere tutta la
vitalità, l’irruenza di cui è capace nel costante tentativo di allontanarsi dalle convenzioni dello
status nobiliare. L’assenza di una guida rigida come quella del padre, venuto a mancare per
un malore sul campo da Polo quando il ragazzo ha solo 11 anni spingono Alfonso a vivere la
vita alzando sempre di più l’asticella come quando a 17 anni si lancia in una sfida con un
suo coetaneo, vincendola, di passare sotto ad un ponte con il suo aereo che gli costa sì il
ritiro del brevetto di volo ma che non placa minimamente il suo carattere.
Si avvicina, quindi, appena maggiorenne al mondo dei cavalli partecipando ad alcune gare
di ippica tra gentiluomini che ne segna così l’ascesa: a 20 anni diventa il miglior fantino di
Francia e del Regno Unito e a 23, nel 1951, arriva a vincere trenta competizioni su oltre
cento partecipazioni. Questo non fa altro che trasformare l’ippica in routine che non regala
ad Alfonso più l’adrenalina data dalla sfida oltre il limite.
Alfonso quindi passa al nuoto agonistico diventando specialista nel gran fondo, poi
all’atletica leggera e al polo finché non si affaccia una passione sportiva che catturerà tutta
la sua vita: il motorsport.
Nel 1953, l’amico giornalista sportivo Edmund Nelson conosciuto diversi anni prima mentre
De Portago è a Honolulu, lo accompagna ad una corsa Midget in Francia proponendogli di
provare uno di quei piccoli bolidi in pista il quale accetta. La sua costante ricerca del limite e
la voglia di superarlo attraverso quest’esperienza trova finalmente un terreno su cui
germogliare attraverso il rumore dei motori, l’odore della benzina e la velocità. Con uno dei
suoi amici, ex-pilota, Henry Shell decide di acquistare dall’importatore Ferrari per il Nord
America, Luigi Chinetti, la sua prima auto del cavallino con il quale parteciperà a diverse
competizioni su circuiti agonistici americani rendendosi conto che quell’auto aveva qualcosa
di diverso rispetto a quelle guidate fino a quel momento. La potenza della Ferrari 250 Mille
Miglia lo spinge così tanto vicino al limite da diventare osservato speciale proprio dello
stesso Chinetti che con la Scuderia di Maranello aveva vinto tre edizioni della 24 Ore di Le
Mans nonché stretto collaboratore di Enzo Ferrari nella scelta dei nuovi piloti. Chinetti
propone a Fon, nel novembre del 1953, di partecipare come co-pilota alla “Carrera
Panamericana” una corsa massacrante che attraversa il Messico in cui lo stile di guida dello
spagnolo potrebbe risultare particolarmente efficace. Per Fon questa sembra essere una
grande occasione in ottica scuderia Ferrari e lo stesso Chinetti si rende sempre più conto
che questo pilota che distrugge cambi e differenziale è perfetto per l’abitacolo della rossa.
Nel 1954 con una Ferrari 340MM privata, Fon e Henry Shell iniziano a frequentare
assiduamente i circuiti delle gare di durata correndo tra l’altro la Mille chilometri di Buenos
Aires ottenendo il secondo posto assoluto che spinge Alfonso a partecipare sempre nello
stesso anno alla 24 ore di Le Mans a bordo di una Maserati A6-GCS 2 litri di sua proprietà.
Quell’auto, a causa di un rottura al motore, non gli consentirà di portare a termine la gara ma
lo porterà a raggiungere la sua prima vittoria di classe nella gara successiva, a Metz in
Francia. A quell’auto seguirà l’OSCA MT4. sempre due litri, con la quale si metterà in mostra
alla Mille chilometri del Nurburgring dominando sulle Porsche prima di uscire di pista,
irruento come sempre. La Ferrari però rimane la vettura con la quale vuole correre e vincere:
vende la OSCA all’amico Alberto Mieres mentre lui acquista la 750 Monza, entrambi
partecipano alla carrera Panamericana del ‘54 ma purtroppo non superano i 200 km della
gara. In particolare, per Alfonso questo non sembra essere un problema, vuole farsi notare
dal Drake, far capire quanto vale per riuscire ad arrivare così alla squadra ufficiale del
Cavallino. Riesce, inoltre, a ben figurare alla Bahamas Speed Week, una tradizionale gara
invernale di durata in cui sono presenti i nomi più importanti del motorsport. Li con la 750
Monza rimessa completamente a nuovo dopo la Carrera Panamericana, vince le prime due
gare che si svolgono a Nassau e arriva secondo nella seguente il che gli garantiscono lo
status di cliente di riguardo per l’acquisto di una Ferrari 625 A di F1 che guiderà in qualche
occasione fuori dal campionato del 1955.
Il debutto con la Ferrari 625 A avviene in occasione del British Racing Drivers Club
International Trophy che si corre a Silverstone il 07n Maggio del 1955 che vede in pista
piloti del nome di Stirling Moss, Giuseppe Farina, Peter Collins e tanti altri protagonisti della
Formula Uno. Quello per Alfonso è l’occasione per confrontarsi ed emergere nel meglio del
panorama sportivo dell’epoca. Si lancia, quindi, irruento come sempre nelle qualifiche della
gara ma la pista di Silverstone in quel weekend di maggio è ancora bagnata il che porta, a
causa di una sterzata troppo secca di Fon, a un’uscita di pista a quasi 150 km/h che gli
causano fortunatamente solo qualche livido e una gamba rotta ma purtroppo l’auto è
completamente distrutta. Purtroppo per il 1955 sembra che la sua rincorsa per la scuderia di
Maranello debba necessariamente fermarsi e invece Enzo Ferrari, dopo averlo visto
riprendersi dopo l’infortunio e infilarsi dentro un Bob con il quale si qualifica quarto assoluto
per le Olimpiadi invernali del 56 ai Cortina con la squadra spagnola, decide di ingaggiarlo
sia per il mondiale sport che per le D-50 ereditate dalla Lancia.
Il sogno quindi di Alfonso di guidare per la Ferrari sembra essere diventato realtà: torna in
auto al gran premio del Venezuela, in una gara turismo, dove a bordo di una Ferrari 750
Monza ottiene un secondo posto. Nel dicembre del 1955, da privato, partecipa nuovamente
alla Bahamas Speed Week fiendo primo nella Governor’s Trophy e secondo al Nassau
trophy sempre a bordo della 750 Monza.
Entra ufficialmente nella squadra con la Ferrari 857 in occasione della 12 ore di Sebring il 24
marzo del 1956, solo dopo aver concluso la stagione invernale con la squadra olimpica di
Bob.La gara americana è una gara sfortunata in cui il motore non gli consente di terminare
la gara ma qualcosa si profila all’orizzonte. Dopo quella gara, infatti, riassapora la Formula
Uno da pilota ufficiale durante il Gran Premio di Francia dove il direttore sportivo della
Ferrari lo chiama per sostituire Luigi Musso, infortunatosi all’inizio della stagione. Fon
affronta questa gara con il solito carattere ma purtroppo la rottura del cambio della D50 non
gli consente di terminare la gara. Quindici giorni dopo, è tornato dentro l’abitacolo di una
Ferrari, a Silverstone, in occasione del gran premio di Gran Bretagna dove pur partendo
dalla dodicesima casella dello schieramento si ritrova, dopo una rimonta che ha
dell’incredibile, in terza posizione ma qualcosa si mette di traverso anche stavolta. La
squadra gli chiede di cedere il volante della sua Ferrari in favore di Peter Collins che ha
avuto un guasto, candidato al titolo della stagione del ‘56, Alfonso accetta a malincuore la
decisione della squadra ma decide di prendere la vettura di Castellotti, precedentemente
danneggiata e riparte. Purtroppo,la vettura sopporta poco lo sforzo di uno stile irruento come
quello di Fon e lo lascia fermo poco prima dell’arrivo a bordo pista; Fon, come se nulla
fosse, scende dalla macchina, si fuma l’immancabile sigaretta, aspetta qualche giro ed infine
la spinge a mano mentre sta calando la bandiera a scacchi.Verrà classificato, malgrado
l’inconveniente, in decima posizione oltre che al secondo posto insieme a Collins.In
quell’anno la sua esperienza in Formula Uno termina, suo malgrado, con due ritiri nelle
ultime due gare ovvero in occasione del Gran Premio di Germania e d’Italia che però non
segnano la definitiva fine nella categoria regina.
Malgrado sostenga che il suo contributo sia fondamentale più nelle gare di durata, il Drake lo
riconferma per la stagione del 57 di Formula Uno, forse una sorta di ricompensa per aver
accettato di guidare la gara da lui ritenuta come il traguardo più importante ovvero la Mille
Miglia.
Alfonso non ama particolarmente quella sfida che si disputa sulle strade in cui nei giorni
normali vi transitano camion, auto e carrette, una rincorsa massacrante al tempo migliore
nelle singole tappe che va da Brescia a Roma e termina a Brescia. Ma anche quella è una
competizione fatta di velocità, di ricerca del limite di cui lui ha sempre avuto bisogno per
vivera tanto che quando Ferrari gli chiede di guidare la Ferrari 335 Sport che non ha mai
guidato chiama l’amico Edmund Nelson come co-piloti lanciandosi così nell’impresa. Ciò che
accadrà nel corso delle fasi conclusive della Mille Miglia del 1957 segnerà in modo indelebile
la storia di questa competizione, del motorsport e di tutti gli appassionati e verrà ricordato
come uno dei più tremendi disastri dell’automobilismo sportivo.
E’ il 12 maggio del 1957 quando dopo aver raggiunto la terza posizione la Ferrari numero
531 percorre gli ultimi cento chilometri che la separano dal traguardo di Brescia.Si tratta di
una vera e propria cavalcata trionfale per la Ferrari che occupa le prime quattro posizioni: è
Taruffi a guidare il gruppo seguito da Wolfgang Von Trips secondo, De Portago in terza
posizione e Gendebien in quarta. Tutti e quattro sono distanziati di circa un minuto l’uno
dall’altro e stanno percorrendo un lungo rettilineo in cui raggiungono i 250 km orari ed è
proprio nei pressi di Guidizzolo, un paesino vicino mantova, che la vita di De Portago e degli
spettatori accorsi per vedere le macchine sfrecciare prenderà una piega inaspettata e
terribile. Al centro della strada sono presenti dei delimitatori di carreggiata denominati “occhi
di Gatto”, dispositivi di sicurezza che aiutano i piloti in caso di scarsa visibilità nella pianura
padana ed è proprio su uno di essi, particolarmente deteriorato,che lo pneumatico anteriore
sinistro della Ferrari numero 531 si strappa innescando così la tragedia. La vettura sbanda,
Fon cerca di intervenire con tutte le sue forze per rimettere l’auto in carreggiata senza
riuscirci, quello che rimane dello pneumatico ormai sgonfio si stacca dal cerchio mentre
l’auto si impunta su una pietra miliare a bordo strada; il mezzo si alza e colpisce un palo
della linea telefonica di legno tranciandolo. In quel momento, il tempo sembra fermarsi ma
quando tutto riprende a scorrere l’esistenza di Fon e delle altre 11 vittime non esistono più.
Quel dramma cancella definitivamente la Mille Miglia, come gara agonistica, dal calendario a
cui seguirà un processo penale ai danni di Enzo Ferrari per una responsabilità indiretta
sull’incidente ma tutto si spegne con un’assoluzione completa del Drake.
Dopo il terribile epilogo della sua vita terrena, Alfonso De Portago diviene così mito
dell’automobilismo degli anni 50, di un automobilismo che purtroppo o per fortuna non esiste
più, per quella costante ricerca del limite che ha caratterizzato lui come tanti altri piloti che
hanno contribuito allo sviluppo dell’automobilismo in tutte le sue forme.
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