· 

ALAIN PROST: L'INSOSTENIBILE PESANTEZZA DEL CAVALLINO PARTE III

DI SIMONE PACIFICI

La stagione 1991 non inizia sotto i migliori auspici per Alain Prost: la Ferrari 642, figlia diretta della strepitosa 641/2 che aveva tenuto in vita le speranze dei ferraristi fino a Suzuka nel 1990, si dimostra ben al di sotto delle aspettative del pilota francese e del nuovo acquisto di Maranello, il suo connazionale Jean Alesi, racimolando rispettivamente a malapena un secondo posto nella gara d’apertura a Phoenix e una terza piazza a Monaco.

La situazione disperata porta al varo di un nuovo progetto già nel corso del 1991, quello della 643 che cerca di sopperire ai principali difetti della 642 per tentare una rimonta piuttosto improbabile di 33 punti da parte di Prost sul leader in classifica Ayrton Senna, la cui McLaren-Honda con il suo nuovo motore V12 sta letteralmente volando, impensierito soltanto da Nigel Mansell che guida una Williams-Renault in continua crescita, grazie ai sistemi di aiuti alla guida progettati dal geniale Adrian Newey. L’inizio è promettente sul circuito di Magny-Cours: prima fila per Alain a soli due decimi dal poleman Riccardo Patrese e soprattutto davanti a Senna, mago del giro secco. Il pessimo scatto dell’italiano al via permette al francese di prendere il comando davanti al pubblico di casa, dando il via ad un acceso duello con Mansell conclusosi al 54° giro con il sorpasso dell’inglese ai danni di Prost, che chiude comunque secondo davanti a Senna, il quale al tempo stesso gestiva dietro di sé l’arrembante Alesi. Un buon inizio per la 643, che lascia prefigurare un ritorno della Ferrari nelle posizioni di vertice.

 

È solo un’illusione: le prestazioni sono migliorate sensibilmente rispetto alla vettura precedente, con cinque podi nelle gare successive che però non culminano nella tanto agognata prima vittoria stagionale. L’unico fatto degno di nota dell’estate 1991 è un momentaneo riaccendersi della rivalità tra Alain e Ayrton, dopo una manovra discutibile di quest’ultimo al Gran Premio di Germania, il quale tentando di guadagnare quanti più punti possibile per resistere al ritorno di fiamma del suo rivale al titolo Mansell manda fuori pista il francese, costringendolo al ritiro.

La vettura non va, il team è sempre più spaccato (Cesare Fiorio ha già lasciato la squadra a maggio), e il management della Ferrari ormai non sopporta più Prost. È solo questione di tempo che accada l’inevitabile…

 

Fine ottobre 1991: il rapporto tra il tre volte campione del mondo di Formula 1 Alain Prost e la Scuderia Ferrari cessa poco dopo il GP del Giappone a Suzuka. Le voci correvano da mesi, ormai era solo questione di tempo che venisse dato l’annuncio ufficiale della separazione tra il pilota francese e la casa di Maranello. Il fallimento del grande progetto di rinascita del Cavallino, con il primo pilota di fatto voluto dalla nuova dirigenza dopo la morte di Enzo Ferrari (aveva preteso lui l’ingresso di Mansell nel 1989), si era ormai palesato già da diversi mesi di risultati deludenti e di caos gestionale della squadra. Il culmine sono state le parole di Prost nel post-gara in Giappone, affermando che la sua Ferrari 643 “sembrava un camion” per quanto poco maneggevole. Una frase che molti hanno interpretato come un attacco diretto alla vettura, rea di non essere competitiva, e che ha fatto subito il giro del mondo, facendo infuriare i vertici della Rossa che hanno subito rescisso il contratto con Prost, pagandogli una buonuscita di 15 miliardi di lire (lo stipendio che avrebbe ricevuto per correre nella stagione 1992 come da contratto). Peccato che Alain si riferisse ad un problema allo sterzo che lo aveva tormentato per tutto il Gran Premio, ma la palla era stata colta al balzo da chi se lo voleva togliere dai piedi. Accusa di danno all’immagine del marchio italiano più famoso al mondo, sufficiente per giustificare un suo allontanamento immediato, nonché l’inizio di una triste tradizione maranelliana consistente nello schiacciare sotto il peso della sua storia e del suo prestigio campioni affermati (inframezzata solo dai trionfi di Michael Schumacher e Kimi Raikkonen), ponendoli in condizioni decisamente troppo complicate per il raggiungimento dei loro obiettivi: a Prost succederanno in tal senso, tra i tanti, Fernando Alonso e Sebastian Vettel, quest’ultimo quattro volte iridato come Alain.

Questo è solo l’inizio di una “rivoluzione” interna alla Ferrari. Arriva infatti come nuovo presidente a fine 1991 Luca Cordero di Montezemolo, richiamato da Gianni Agnelli dopo il suo successo nell’organizzazione dei Mondiali di calcio in Italia del 1990. Uomo di corse (ex rallysta nonché uno degli artefici dei titoli 1975 e 1977 di Niki Lauda con la Rossa), Montezemolo pare essere il profilo giusto per risollevare finalmente la Scuderia di Maranello. E, dopo un inizio tentennante, arriva il colpaccio nel 1993 dell’ingaggio di un altro francese, Jean Todt, stavolta come Team Principal, primo tassello del dominio degli Anni Duemila. Nel frattempo il Professore, dopo il suo 1992 sabbatico, torna in F1 al volante della Williams-Renault, conquistando agevolmente il suo quarto e ultimo campionato mondiale e ritirandosi subito dopo dall’attività agonistica (anche se offrirà occasionalmente i suoi servigi come collaudatore per alcuni anni alla McLaren).

 

Alla fine sia lui che la Ferrari sono riusciti a ritrovare il successo che gli mancava da tempo, per quanto le loro vie resteranno separate fino al 2001 quando, quasi a chiudere un cerchio, nell’ultimo anno d’esistenza del suo team personale Prost otterrà da Maranello una fornitura di motori Ferrari 049, con cui Michael Schumacher ha conquistato il titolo l’anno precedente, appositamente ribattezzati Acer, main sponsor della sua scuderia. Con i suoi ultimi quattro punti ottenuti nientemeno che dal compagno del francese alla Rossa nel 1991 Jean Alesi.

Un epilogo molto ironico, non c’è che dire…

 

FINE

Scrivi commento

Commenti: 0