· 

GILLES E JACQUES VILLENEUVE

Di Giulia Zaninetti

Padre e figlio, Jacques e Gilles Villeneuve sono legati non solo dal loro sangue, ma anche da una passione, quella per la Formula 1. Con loro si è scritta una parte della storia del pinnacolo dell’automobilismo a ruote scoperte.

 

Gilles, essere Ferrari

Gilles Villeneuve, classe 1950, nacque in data 18 gennaio, nella città scioglilingua di Saint-Jean-sur-Richelieu (in territorio canadese, per intenderci). In realtà ancora tanti Tifosi pensano sia nato nel ’52, per inganno dello stesso Gilles, il quale volle rendersi attraente agli occhi delle scuderie della massima categoria a caccia di giovincelli.

Gilles si dimostra un personaggio sin da bambino. Incomincia la sua carriera da pilota a cavallo di una motoslitta – più sicura del tosaerba guidato come se fosse un kart da adolescente – vincendo anche una serie di titoli, ma soprattutto denaro e sponsor a sufficienza per finanziare l’approdo nella Formula Ford (anche se dovette pure vendere il nido coniugale). Ma era soltanto l’inizio, come ben sappiamo: la neve lascerà spazio all’asfalto, e le auto private alla Rossa di Enzo Ferrari.

 

Nel 1977 esordisce nella categoria regina. Superò James Hunt – già campione di F1 iridato – ad un Gran Premio minore corsosi in Canada, ricevendo una chiamata dal dirigente della McLaren Teddy Mayer: Hunt aveva fatto il suo nome per occupare il terzo sedile al Gran Premio di Gran Bretagna di quello stesso anno. Così, Gilles si mise alla guida di una problematica McLaren M23, senza ottenere punti, ma attirando su di sé l’attenzione del Drake

© John Millar
© John Millar

Enzo Ferrari gli offre l’occasione di una vita: sostituire Niki Lauda nelle ultime due gare del campionato. L’allora neo due volte campione del mondo aveva già matematicamente in tasca il titolo, ma soltanto Ferrari sembrava disposto a cedere quel sedile ad un talento così incerto come quello del canadese. Eppure, contro il parere di tutti, il contratto venne firmato e Gilles entrò tra le fila del Cavallino.

 

Se Lauda guidava seguendo la ragione, Gilles si affidava al suo istinto, ritenuto pericoloso e irresponsabile. Ma al Drake piaceva, piaceva eccome, per lui Gilles Villeneuve incarnerà sempre l’essere Ferrari. Le sue capacità in pista andavano ben oltre talento e strategie, riusciva a comprendere limiti e pregi di ogni macchina, aumentando il tiro fino all’estremo. Non stupiscono quindi i vari incidenti che gli varranno nel ‘78 il soprannome di “L’Aviatore”, a cominciare dal funesto Gran Premio del Giappone 1977. Alle pendici del Fuji, un commissario di gara e un fotografo trovarono la morte, quando la Ferrari di Gilles piombò loro addosso in seguito ad un contatto con la Tyrrell a 6 ruote di Ronnie Peterson. Tutti ad invocare a gran voce il suo licenziamento – mentre la F1 dovette allontanarsi per un anno dal Giappone – ma neanche questa volta Ferrari lo lasciò andare. 

© Ferrari
© Ferrari

La prima vittoria non si scorda mai, e quella di Gilles arrivò proprio nel suo Paese natale: il Gran Premio del Canada 1978 lo vide tagliare per primo il traguardo. Incominciò così ad entrare nei cuori dei Tifosi e dei suoi connazionali, distogliendo l’attenzione dai suoi numerosi DNF, fino al rinnovo del contratto per il ’79. In questa stagione Gilles fu testimone di un pezzo importante della storia della Rossa, che lui stesso tanto agognava: Jody Scheckter, alla guida della Ferrari 312 T4, si laureò campione del mondo. Questo grazie anche al contributo di Villeneuve – in grado di inventarsi sorpassi dove nessuno aveva mai pensato di azzardare – il quale conquisterà il secondo posto nella classifica generale.

Il 1980 non restituì gli stessi risultati. La 312 T5 non si dimostrò all’altezza delle aspettative, ma la Ferrari all’epoca si stava preparando in vista della stagione successiva, caratterizzata dall’affermarsi dei propulsori turbo. Nel 1981 sarà Didier Pironi il nuovo compagno di scuderia di Gilles. Se con Scheckter si era instaurata un’alchimia invidiabile, con Pironi il rapporto finirà con l’incrinarsi a causa degli eventi di Imola 1982.

Il Gran Premio di San Marino 1982 già su carta non prometteva bene: a causa di alcuni dissensi riguardanti il regolamento vigente, soltanto quattordici vetture vennero schierate sulla griglia di partenza. La Ferrari sperava in una vittoria facile, in particolare in un primo posto per Villeneuve. Ma Pironi gli rubò la scena, e a causa di alcune incomprensioni col il box della Rossa fu lui il primo a vedere sventolare la bandiera a scacchi.

La scuderia del Cavallino rampante perse entrambi i suoi piloti in quell’anno. Pironi abbandonò il Circus a causa di un grave incidente verificatosi durante le qualifiche del Gran Premio di Germania 1982. Gilles Villeneuve, invece, trovò la morte al Circuito di Zolder, casa di ben dieci edizioni del Gran Premio del Belgio.

 

Correva l'8 maggio del 1982, Gilles diede il massimo in quell’ultimo giro di qualifica al volante della sua Ferrari 126 C2. Sarebbe dovuto rientrare ai box, passò la chicane, mancava una curva. Davanti a lui Jochen Mass, suo ex compagno alla McLaren. Mass si spostò a destra, ma anche Gilles virò la macchina in quella direzione. La tragica collisione vide la Ferrari impennarsi prima di capovolgersi. La monoposto si schiantò contro l’asfalto per ben due volte, rimbalzando in mezzo alla curva, e portando a cedere il sistema di cinture che ancoravano il pilota canadese. Gilles venne così sbalzato fuori dall’abitacolo. Perse il casco e il suo corpo si schiantò contro le reti di protezione dopo un volo di quasi 50 metri. La pista era costellata dai detriti della vettura. 

La Formula 1 quel giorno si tinse di nero: le condizioni di Gilles erano evidentemente gravi. Mentre Scheckter si prese la briga di avvisare la moglie Joanna del terribile incidente, i medici confermarono la presenza di una lesione del tronco encefalico e della rottura delle vertebre cervicali, con ulteriori lesioni midollari alla base del cranio. Non vi era alcuna speranza con una prognosi del genere. Quando Joanna giunse al capezzale del marito diede il permesso di staccare la spina. Aveva solo 32 anni.

 

Enzo Ferrari non riuscì a presenziare ai suoi funerali. Per lui Gilles era molto di più di un semplice pilota. Gli voleva bene come se fosse un figlio

© Ferrari
© Ferrari

Jacques, nell’albo d’oro

Jacques aveva soltanto 11 anni quando perse suo padre. Ne aveva 13 quando decise di riprendere in mano il sogno che lui non aveva potuto realizzare. “In quel momento ho sentito che avrei dovuto gestire da solo la mia vita. Questo mi ha dato una grande determinazione che mi ha fatto crescere e mi ha dato la forza di superare i tanti ostacoli di una carriera difficile”, racconterà poi, una volta calpestata la stessa strada percorsa da Gilles.

Nacque anche lui in quella città scioglilingua del Canada, il 9 aprile del 1971. Prende il nome dallo zio, anche lui pilota automobilistico (la passione per i motori è un affare di famiglia, insomma). Trasferitosi a Monaco con la famiglia, dopo la morte di Gilles è Patrick Tambay a fargli da mentore e ad ospitarlo in Svizzera, lo stesso Tambay che la McLaren aveva preferito al padre, prima che firmasse con la Ferrari.

 

Già da bambino Jacques si dimostra un pilota versatile, eccellente in categorie anche diverse tra loro. L’ostacolo più grande a quell’età fu però la volontà materna: Joanna aveva appena raccolto le ceneri di suo marito, non voleva che la stessa sorte toccasse al figlio. E allora Jacques dovette migliorare non solo al volante, ma anche a scuola, per vincere la scommessa con la madre ed esordire in pista. Presto i suoi risulti gli permisero di volare in Italia e in Giappone, prima di prendere parte alla Formula CART (riconosciuta all’epoca come seconda competizione motoristica per auto con ruote scoperte) nel 1994. 

Il 1995 fu l’anno della vittoria della 500 Miglia di Indianapolis, del titolo in Formula CART e dell’incontro con Frank Williams, il celebre fondatore dell’omonima scuderia della massima categoria. Jacques conquistò tutto questo correndo con il numero 27 stampato sulle sue vetture, lo stesso usato per anni da Gilles in F1.

 

Passati a pieni voti i test della categoria regina con la Williams, viene messo sotto contratto per la stagione del ’96, al posto di David Coulthard e al fianco di Damon Hill, che si sarebbe laureato campione del mondo proprio quell’anno. Jacques Villeneuve debuttò al Gran Premio d’Australia 1996, conquistando sabato la pole position e domenica il giro veloce. Salirà più volte sul podio, vincendo quattro GP e arrivando persino a mettere in discussione il titolo di Hill

 © Rick Dikeman
© Rick Dikeman

Il 1997 fu un anno controverso, vista la ripresa della Rossa con Michael Schumacher tra le sue fila e l’abbandono prossimo di Adrian Newey, all’epoca progettista della Williams, e della Reanult, fornitrice dei motori. In Spagna superò il numero di vittorie conquistate dal padre. In quella stessa stagione si registrò un episodio curioso di cui ancora oggi si sente spesso parlare: alle qualifiche del Gran Premio d’Europa 1997, Hans Frentzen, Schumacher e Villeneuve segnarono il medesimo tempo, ma la pole venne assegnata al pilota canadese. La gara, però, viene ricordata anche per un altro spiacevole motivo.

Approfittando della brutta partenza di Jacques, Schumacher si prese la posizione di leader, cercando di aumentare il divario tra le due monoposto. I due erano in lotta per il titolo mondiale, e il Gran Premio che si corse sul Circuito di Jerez de la Frontera era l’ultima occasione per stabilire chi sarebbe diventato campione. Jacques Villeneuve aveva un sogno, un sogno che condivideva anche suo padre, prima che trovasse la morte al volante di quella Rossa che il suo rivale voleva riportare nell’albo d’oro. Michael Schumacher era già un due volte campione iridato, e alla fine anche su Maranello è ritornato a splendere il sole, solo non quel giorno. Quel giorno per Schumi e la Ferrari fu proprio una terribile macchia.

 

Villeneuve rimontò su Schumacher e al 47º giro il pilota canadese cercò il sorpasso sulla sua Ferrari F310B. Nel tentativo disperato di mantenere la prima posizione, e così la vittoria del mondiale, Schumi cercò di speronare la Williams, senza ottenere alcun successo, anzi. Quel giorno Jacques Villeneuve venne incoronato campione del mondo di Formula 1, mentre Michael Schumacher dovette ritirarsi dalla gara dopo essersi insabbiato nella via di fuga. L’allora due volte campione del mondo, offuscato dal voler riportare il Cavallino rampante alla vittoria, non aveva realizzato che Jacques sarebbe probabilmente finito lungo all’esterno. 

Quest’ultimo neanche la vinse quella gara: lasciò che le due McLaren lo superassero, per un accordo tra le due scuderie scoperto solo successivamente. Lasciò anche Schumacher ad affrontare il verdetto della FIA, che venne escluso dalla classifica del Mondiale Piloti di quella stagione. 

© Paul-Henri Cahier
© Paul-Henri Cahier

Il pilota canadese corse ancora per la Williams fino al 1998, passando poi – vista la scarsa competitività dell’ormai orfana scuderia – alla BAR, orchestrata dall’amico e manager Craig Pollock. Neanche la BAR brillò in affidabilità, così Jacques decise di prendersi un anno sabbatico per ritornare alla guida della Sauber. Qui è un giovane Felipe Massa a metterlo nell’ombra, portando Jacques a salutare la F1 nel 2006. Gli anni successivi lo vedono correre a Le Mans, sfiorando la Triple Crown, e poi ancora qualche apparizione in NASCAR, nel rally e in Formula E.

 

Gilles Villeneuve non ha mai vinto un titolo mondiale. Jacques l’ha vinto, scontrandosi proprio con quella Rossa che ha amato per tanto tempo suo padre, e che ancora non ha smesso di farlo. Lui era riuscito a trasmettere tutto sé stesso, la passione, la voglia, il non abbattersi mai, il cuore messo in tutto quello che faceva. La gente che lo ha visto correre è rimasta colpita dal suo modo di essere, ed è per questo che continua a ricordarlo. E poi era un pilota Ferrari, una squadra che amava e per la quale ha dato tutto. La gente queste cose non le dimentica”, sono state le sue parole. Jacques si è laureato campione del mondo per sé stesso, ma anche per coronare quel sogno che l’ha legato indissolubilmente a suo padre Gilles, ancora idolo del Cavallino rampante. 

Fonte: Autologia
Fonte: Autologia

Scrivi commento

Commenti: 0