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LA TENTATA SERRATA DEL MAGGIOR CONSIGLIO DELLA F1

DI MARCO TERRAGNI

È uno dei temi scottanti degli ultimi giorni quello riguardante l’ampliamento della grigia del campionato del mondo di Formula 1. Infatti la FIA ha annunciato il 2 ottobre di aver terminato i controlli inerenti il bando per le squadre interessate ad entrare nella categoria e che ha visto solo Andretti, scuderia statunitense che corre nel campionato Indycar ed in Formula E, guidata da Michael Andretti, figlio di Mario Andretti, a superare la dura selezione della Federazione.

Un tentativo che sembra quindi essere stato coronato dal successo, ma in realtà non è così. Infatti per rendere effettiva la sua iscrizione è necessaria l’approvazione della FOM, la quale è estremamente dubbiosa su Andretti, con i team che sono estremamente contrari all’arrivo di un undicesimo giustificando il loro rifiuto con la tesi di voler mettere uno sport “fortemente competitivo” a dieci team e sollevando problemi di spazio, affermando come il paddock dei vari circuiti non fossero in grado di ospitare un eventuale nuovo team e sullo sfondo di una lotta politica tra la stessa FIA del presidente Ben Sulayem, favorevole ad un arricchimento della griglia e Liberty Media, desiderosa di limitare sempre più il potere legislativo e di controllo della federazione.

Ma perché questo rifiuto da parte del mondo della Formula 1 verso l’entrata di nuovi team? 

L’eventuale entrata di Andretti si inserisce nella guerra in atto tra Federazione e FOM
L’eventuale entrata di Andretti si inserisce nella guerra in atto tra Federazione e FOM

Da una parte si può notare come molti dei nuovi team che hanno provato ad entrare in maniera autonoma sono quasi tutti fuoriuscite nel corso degli ultimi vent’anni anni, un destino che ha accomunato grandi marchi dell’automobilismo mondiale come Toyota  fino a team con risorse minori come Super Auguri, ritiratosi dopo soli due anni e mezzo dal debutto. Ma molto forte, in modo negativo, è rimasto il ricordo dei tre “piccoli” team entrati in F1 nel 2010 cioè Caterham (nato Lotus e ritiratosi nel 2014), Virgin(diventata in seguito Marussia ed infine Manor) ed HRT. Tutte e tre i team sono poi scomparsi nel corso del tempo, ultima Manor nel 2016, lasciando soprattutto a causa degli elevati costi della F1, con solo il team fondato a suo tempo da Richard Branson capace di segnare punti iridati, a Monaco nel 2014 ed in Austria nel 2016. Questi team erano a loro tempo entrati nella categoria anche per rimpolpare una griglia che nel 2009, anche a seguito della grande crisi economica del 2008 vedeva solo 18 vetture al via, a seguito del ritiro di Toyota e con il timore di abbandono anche di altre squadre.  Inoltre l’entrata di queste tre nuove scuderie si inseriva nel duro scontro che nel 2009 vedeva scontrarsi la FIA di Max Mosley e la FOTA, l’associazione dei team con la prima che aveva proposto un drastico taglio dei costi a cui la FOTA mostravano ampiamente la sua contrarietà, prospettando addirittura la fondazione di un campionato alternativo. Alla fine lo “scisma” non si verifico ma Mosley dovette rinunciare al piano del taglio al budget dei team, creando così difficoltà alle nuove scuderia che puntavano molto sulla riduzione dei costi e che causerà poi i loro problemi di competitività. 

Hispania, Lotus e Virgin, i tre team entrati nel 2010
Hispania, Lotus e Virgin, i tre team entrati nel 2010

Dei team entrati senza acquisire un team già esistente l’ultimo ad esservi entrato e tuttora rimanente è Haas, che ha debuttato nel 2016 mentre team oggi al vertice come Red Bull o Mercedes vedono le loro origini dall’acquisto di strutture pre-esistenti, con la prima che era subentrata a Jaguar che aveva in precedenza rilevato la Stewart e la seconda alla Brawn, in precedenza prima Bar e poi Honda. Una soluzione, quella dell’acquisto di uno dei team già presente in griglia che FOM e scuderie avevano suggerito ad Andretti per entrare nel circus, ma che si è rivelata impossibile. Andretti in realtà aveva provato ad acquisire Sauber nel corso del 2021, ma le trattive si erano arenate quando sembravano oramai in via di definizione.

Ma al netto degli esempi precedenti, le motivazioni di un’opposizione sono più profonde e riguardano non solo temi economici ma anche politici, di equilibri e un concetto quasi “aristocratico” dei team di F1, poco interessati a vedere altri soggetti entrare in quello che viene percepito come un “club esclusivo”. Proprio per questo motivo a partire dall’ultimo patto della concordia è presente una clausola per cui un eventuale nuovo team per entrare in Formula 1 dovrebbe pagare una tassa di 200 milioni di dollari, una quota di ingresso estremamente alta che ha come fine quello di rendere poco attraente il tentativo di entrare nel circus e pensata soprattutto per eventuali piccoli team, che dovendosi già impegnare per creare una factory ed una monoposto sarebbero impossibilitate a pagare una cifra così alta.

La divisione dei diritti tv sono uno dei temi della disputa su Andretti
La divisione dei diritti tv sono uno dei temi della disputa su Andretti

Ma le motivazioni di questa “barriera d’ingresso” è di natura primariamente economica. Infatti secondo il regolamento soltanto i dieci team meglio qualificati possono godere della suddivisione dei diritti tv, una situazione che attualmente vede tutti e dieci le scuderie iscritte al mondiale accedervi. Un eventuale nuovo team scardinerebbe questo schema, impedendo alla squadra che si classificasse undicesima nel campionato costruttori di poter accedere alla “torta dei diritti”. Questo assetto nel corso degli anni non è mai cambiato e per questo è di vitale interesse per i team del circus, soprattutto per quelli più piccoli, evitare l'entrata di nuovi concorrenti per evitare che la lotta per i punti si trasformi ben presto in una lotta per la sopravvivenza.

Inoltre nel corso degli ultimi anni, sia grazie alla lotta mondiale del 2021, la produzione di una fortunata serie per Netflix come “Drive to Survive” e il lavoro di Liberty Media la categoria negli ultimi anni ha visto un forte aumento di popolarità e quindi una maggiore entrata finanziaria, da proventi Tv e sponsor, che i team non vorrebbero vedere diminuire con l’entrata di nuovi attori. Ma vi è anche un discorso che riguarda gli equilibri all’interno della categoria, da sempre nota per i fortissimi contrasti politici e un nuovo interlocutore potrebbe cambiare totalmente gli equilibri che il circus ha trovato. L’obbiettivo finale delle scuderie è infatti chiudere definitivamente la F1 a nuove entrate, aumentando anche la tassa d’ingresso a 600 milioni trasformando il circus in una categoria chiusa, quasi sul modello delle leghe statunitensi e dove sono scuderie e team alla fine ad avere l’ultima parola.

I team principal delle scuderie non hanno fatto mistero della loro opposizione ad Andretti
I team principal delle scuderie non hanno fatto mistero della loro opposizione ad Andretti

È tutto riassumibile nella domanda: cosa può offrire di positivo un nuovo team a F1? Può portare nuovo valore alla categoria? Una domanda a cui i dieci team hanno una risposta negativa, al fine di mantenere chiuso lo sport. Ma sarebbe una risposta sbagliata, poiché il fascino e la storia della Formula 1 è stato anche portato dal fatto che la categoria è sempre aperta all’entrata di nuovi team e squadre, desiderose di voler competere e sognando un giorno di potersi scontrare ad armi pari con i grandi colossi del motorsport internazionale. Cercare di eliminare questo elemento, non accettare la sfida che può avvenire sarebbe un errore grave, dal punto di vista sportivo ed economico. Scegliere di diventare un’aristocrazia non solo di fatto ma anche di diritto andrebbe contro quello che è stata la Formula 1 per tutta la sua storia e sarebbe una scelta che non renderebbe migliore il circus, ma lo farebbe solo più scivolare in una chiusura al nuovo che difficilmente porterebbe a uno sport migliore. Chiudersi in se stessi, operare una “chiusura del gran consiglio della F1” sarebbe una scelta aristocratica, che allontanerebbe ancora di più la F1 da se stessa per inseguire un sogno di esclusività che potrebbe avere poco futuro.

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