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MARIA ANTONIETTA AVANZO: L'INDOMITA

DI LAURA PIRAS

Conosciuta da tutti come "Signora quattro pistoni”, Maria Antonietta Bellan, nota anche come la "Baronessa Avanzo", fu a tutti gli effetti la donna pilota più famosa d'inizio Novecento.

Trovò i Natali a Contarina Veneta, in provincia di Rovigo, dove era nata il 5 febbraio 1889.

Maria Antonietta fu avvolta, sin da giovanetta, dalla passione per i motori, tanto che, a soli 13 anni, prese al padre, senza il suo consenso, la macchina nuova di famiglia e a bordo della De Dion Bouton andò a tutta birra per le strade del paesino. Fu talmente tanto indomita che mise sotto il sindaco (tranquilli non lo uccise…ma una bella vacanza in ospedale non gliela tolse nessuno).

 

Maria in un secondo momento si trasferì a Roma, dopo essersi sposata con Eustachio Avanzo (che era un Barone a tutti gli effetti, e da qui la genesi del suo soprannome). Sua sorella invece sarebbe diventata madre del regista Roberto Rossellini.

 

Nella capitale intraprese la carriera di giornalista sportiva e ovviamente dedicò la sua attività alle 4 ruote, mentre in parallelo continuava a cimentarsi nella guida.

Dopo la prima guerra mondiale convinse il marito a regalarle una Spa "35/50 Sport" e con quella disputò il Giro del Lazio: vinse la sua categoria, dopo aver personalmente riparato un guasto.

 

Maria Antonietta sapeva difendersi talmente tanto bene dagli attacchi esterni, sapeva così bene arginare numerosi tentativi di sabotaggio, soprattutto dall’universo maschile, che divenne un esempio per il femminismo.

L’anno dopo, con estremo coraggio e caparbietà, decise di recarsi in Danimarca dove, sul circuito dell’isola di Fano, vicino alla capitale, partecipò alle prove di velocità.

Anche in terra danese la nostra eroina mostrò il suo talento, vincendo la prima manche a bordo di una Packard 12 cilindri Sport appena acquistata.

Sfortunatamente nella seconda manche dovette ritirarsi perché la vettura prese fuoco: nota curiosa vuole che in quell’occasione Maria non perse tempo e portò direttamente la vettura in mare per spegnere il rogo. 

Era davvero tosta, cocciuta e risoluta: caratteristiche che conquistarono la stima dei veri appassionati e delle gazzette rosa del tempo. Le sue imprese quasi quasi facevano più rumore delle vittorie di Antonio Ascari, (padre del futuro campione del mondo di F1 Alberto Ascari) e degli altri assi sportivi delle 4 ruote.

 

Nel 1920 prese ancora più coraggio e andò in Sicilia per partecipare alla Targa Florio.

Nonostante fosse una gara massacrante, nonostante un intenso diluvio, Maria fece davvero un figurone. Ahimè a 20 km dal traguardo, rimase senza benzina e la sua BUICK si piantò. La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.

A vincere fu Guido Meregalli, su Nazzaro.

 

Maria non demorde e dopo anni, nel 1922 (anno della Marcia su Roma da parte di Mussolini) vuole riprovarci e per poco Enzo Ferrari, suo compagno di squadra, non ci lascia le penne per via della Mafia.

 

A quanto pare la Baronessa Avanzo era seccata con Enzo perché aveva sostituito il carburatore della sua Alfa con un componente difettoso.

Per vendicarsi di tale affronto Maria Antonietta decide di complottare con un capo della mafia locale che le disse “Facesse affidamento pure su di me, qualsiasi cosa avesse bisogno", le rispose il fiero siciliano. "Rivoglio il mio carburatore", rispose la baronessa. "Non dubiti, bella signora, avrà il suo carburatore e anche il cuore di quell'infame. Su un piatto d'argento". Ma a quel punto la baronessa, conscia di aver fatto il passo più lungo della gamba, cambiò decisamente idea e negò l’aiuto del manigoldo.

Alla fine vinse Giulio Masetti su Mercedes "4500", mentre sia lei sia Ferrari furono costretti al ritiro.

In seguito Ferrari la descrisse come una pilotessa dalla "guida disinvolta e precisa".

L'Avanzo si scontrò con i più grandi del passato, fra cui Tazio Nuvolari, che allora esordiente, la sconfisse non con poche difficoltà.

A tal proposito possiamo ricordare cosa avvenne sul Circuito del Garda del 1921.

La baronessa disputò la gara con un'Ansaldo "Tipo 4" e diede vita ad un duello all’ultima ruotata con il pilota mantovano che oltretutto era sulla stessa vettura. A vincere fu Corrado Lotti, Nuvolari fu secondo e lei terza.

 

Nello stesso anno, al Gran Premio Gentleman di Brescia giunse terza assoluta, su Alfa "ES Sport", e prima nella speciale classifica riservata alle Dame.

E’ proprio in quegli anni che conobbe Gabriele D’Annunzio, che rimase molto affascinato dalla sua figura. Di quel periodo si ricorda una storia davvero esilarante: si racconta che fu lei a far morire di indigestione una delle tartarughe del Vate, di nome Cheli. L’animale venne imbalsamato e in suo onore vennero fatte delle spille, una delle quali andò in regalo a Tazio Nuvolari (per Tazio divenne un portafortuna).

 

Maria tornò nel mondo delle corse nel 1926: questi sono momenti ricchi di eventi a cui partecipa, appuntamenti più o meno storici, più o meno importanti ma sicuramente degni di nota.

Stiamo parlando delle sue partecipazioni sul Circuito del Garda, stiamo parlando delle prove a Le Mans, del Gran Premio Gentlemen a Brescia, della Targa Abruzzi, della Mille Miglia (ben quattro edizioni), della Coppa della Perugina, del Circuito di Milano.

Maria non si accontenta dell’Europa e più avanti, sulla linea temporale della sua storia, prova la fortuna sia in America dove correrà alla 500 Miglia di Indianapolis che in Africa per affrontare la Tobruk-Tripoli.

 

Nelle quattro Mille Miglia, poc’anzi citate, non riuscì mai ad arrivare al traguardo ma nonostante i convincimenti degli amici a smettere, lei continuò imperterrita a cibarsi della velocità. Maria ne aveva bisogno perché solo a bordo di una vettura si sentiva sé stessa.

 

Nella Mille Miglia dell’edizione del 1928 fece la conoscenza di Ralph De Palma che la invitò a correre ad Indianapolis. Dopo qualche anno di attesa prese la decisione di presentarsi sullo storico ovale nel 1932.

Affrontò le qualifiche ma subito prima della gara si ritirò, tornando subito in Italia, a detta sua per "Motivi di famiglia". (Forse non voleva fare una figuraccia)

Maria racconterà tutta la sua vita in un libro molto interessante: "La mia vita a 100 km all'ora", pubblicato dall'Istituto Editoriale del Littorio di Roma. Un grande successo che ebbe anche la prefazione di Mario Carli, fondatore, con Marinetti, del movimento futurista. (da notare la copertina che ricalca lo stile dello stesso movimento)

 

Prima di ritirarsi dal mondo delle corse (poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale), come citato poco fa, partecipò con una Fiat "1100 Sport" alla Tobruk-Tripoli, che era considerata la Mille Miglia africana. Si classificò solo sesta. Questa competizione, per la nostra protagonista, fu l’ultima gara in assoluto della sua carriera.

 

Morì il 17 gennaio 1977, a 88 anni.

Morì’ proprio il 17, numero che ha sempre odiato, numero che odiava come la peste, tanto che non lo voleva in nessuna sua vettura. Per lei quel numero portava solo sfortuna ed aveva proprio ragione.

 

Ma Maria Antonietta non era solo motosport.

Di lei si ricorderà sempre la sua famiglia importante, verranno raccontate sempre le sue conoscenze incredibili nel mondo del cinema, fra cui figurano colossi come Luchino Visconti ed Anna Magnani, verranno menzionati sia artisti con cui si scambiò idee ed opinioni come Amedeo Modigliani che scrittori quali Ernst Hemingway. E non dimentichiamoci dei compositori come Pietro Mascagni, con cui addirittura andava a pesca.

 

Maria sapeva vivere in qualsiasi contesto. Sapeva correre come Zefiro sulle onde del mare, sapeva intrattenersi con tutti, sapeva attrarre a sé bellezza e passione. Maria fu una delle prime donne addirittura ad indossare la gonna corta, segno di estremo menefreghismo dei dettami dell’epoca. Fu simbolo di Femminismo e di una forza immensa con cui ha scritto pagine importanti del libro della storia del Motosport. 

Maria era eccentrica, era forte ed ostinata. Maria era coraggiosa, curiosa ed intelligente…ma sopra ogni cosa: era Indomita. 

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