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LA SALUTE MENTALE NEL MOTOSPORT

DI LAURA PIRAS

Mens sana in corpore sano. 

Credo che tutti voi conosciate questa espressione che  viene utilizzata per indicare che è importante sia il corpo che la mente e che non va trascurata la salute di nessuno dei due.

In sostanza, il senso è che se si vuole avere una mente sana è necessario curare anche il proprio corpo ed è proprio per questo motivo che il mondo dello sport l’ha spesso fatta propria. 

 

Anche gli ambienti della Formula 1 hanno cucito addosso questa grande massima: per un pilota è importante l'allenamento fisico tanto quanto avere un occhio di riguardo sulla salute mentale. 

 

Prendersi cura della propria psiche non fa altro che aumentare di conseguenza le performances e le prestazioni in pista dei nostri protagonisti ma cosa più importante è che aiutare la nostra mente a vivere al meglio porta benessere ed equilibrio a 360°. (Sia dentro che fuori l'abitacolo)

 

Il motosport è un ambiente che può offrire molte gratificazioni ma è anche un mondo decisamente brutale, che non ammette errori e che si basa fortemente sulla forza mentale. Basti pensare alla concentrazione che i piloti devono avere in qualifica e in gara. Dentro l'abitacolo non esiste nient'altro che la velocità e i risultati, il resto deve essere lasciato al di fuori della monoposto. 

 

Tutto questo gioco risulta essere complicato e molto duro per tutti i piloti, indistintamente dai loro obiettivi a lungo e breve termine. 

Al di fuori sembra tutto facile ma queste implicazioni di natura mentale devono essere tenute in conto quando pensiamo che i nostri beniamini sono esclusivamente dei supereroi.

Non dimentichiamoci mai che i piloti sono principalmente essere umani che sostengono e sopportano pressioni immense. 

 

Durante la storia del motosport abbiamo potuto appurare quanto il circus sia spietato, talmente tanto che molti hanno deciso di abbandonare la presa.

 

Tale dinamica non ha trovato la sua reale attuazione solo nella massima serie motoristica ma anche nelle categorie minori: è il caso ad esempio di Thomas Ten Brinke, ex pilota ART Grand Prix, che decise di interrompere la sua carriera con effetto immediato a causa di un crollo mentale. 2 anni fa il pilota lasciò la Freca a causa di una pressione sempre più destabilizzante. In una prima mandata Thomas chiese aiuto ma non raggiunse mai un giusto equilibrio tale da dover sopportare tutto.

 

 

 

Thomas Ten Brinke
Thomas Ten Brinke

Anche in F1 abbiamo avuto prova concreta che la pressione mentale può giocare dei brutti scherzi, portando piloti a decidere di interrompere la loro carriera. E' l'esempio di due campioni dei mondo che hanno deciso di appendere il casco al chiodo perchè non riuscivano più a sopportare le tensioni che questo sport crea continuamente, stiamo parlando di Mika Hakkinen e Nico Rosberg.

 

Hakkinen, prima di ritirarsi, per dovizia di cronaca, decise di prendersi un anno sabbatico. Il 2001 lo aveva messo a dura prova, stagione decisamente complicata per il due volte campione del mondo, allora pilota Mclaren.

 

Turning point per lui fu il Gran Premio di Spagna. Fu proprio a causa di ciò che successe nell'ultimo giro della gara, disputata sul circuito di Montmelò, (si ritirò per un problema della frizione della sua monoposto) che si fece strada nella sua testa un disagio che diventava sempre più intenso man mano che passava il tempo.

Mika decise di chiedere aiuto ad uno specialista dopo il suo ritiro ma non tornò mai più in un abitacolo di F1.   

 

Rosberg invece prese la decisione di affidarsi ad un mental coach dopo il Gran Premio di Malesia del 2016.

Sapeva benissimo che, se avesse voluto vincere contro Lewis Hamilton, doveva essere al massimo della forma psico-fisica e, grazie ad una nuova routine, Nico, non solo riuscì a combattere i suoi demoni, ma vinse anche il titolo mondiale.

Una vittoria raggiunta con un prezzo altissimo.

Infatti il pilota Mercedes aveva esaurito la sua forza mentale e, completamente esausto, decise di abbandonare la F1 da campione del mondo.

Negli ultimi tempi tantissimi piloti sono usciti allo scoperto mostrando le loro debolezze e facendo intendere che più che mai ci si deve prendere cura anche dei lati mentali più reconditi e delicati.

Quasi tutti i piloti di F1 sono sostenuti da mental coaches e anche le squadre offrono sostegno ai loro alfieri principali. 

 

Menzione d'onore per la Mclaren che decise di iniziare un'opera di sensibilizzazione, nel 2020, durante il lockdown, collaborando con Mind.

In questo modo, cosa importantissima, è proprio il team che diventa promoter principale della salute mentale, non solo ai piloti, ma anche ai tecnici e ai suoi ingegneri. 

 

Chi ha parlato sempre apertamente delle sue fragilità, è il pilota della squadra di Woking, Lando Norris che non ha mai nascosto le sue difficoltà durante i suoi esordi. Anzi Lando ha ammesso che, per celare agli occhi di tutti la sua parte più debole, ha sempre indossato una maschera, che lo dipingeva come un ragazzino sempre allegro e gioioso. 

Dopo tanti anni di carriera un altro pilota ha deciso di aprire il suo cuore, parlando in prima persona di questo delicato tema: Valtteri Bottas, ex pilota Mercedes, ora pilota Alfa Romeo. 

 

Durante una bella intervista, andata in onda sul programma Yökylässä Maria Veitola, Bottas ha mostrato al mondo il suo "dark side" parlando di come la ricerca continua del successo lo abbia portato a vivere tutto come se fosse una vera e propria ossessione, affrontata grazie anche all'aiuto di specialisti.  

 

“Mi allenavo al dolore, fisicamente e mentalmente – ha raccontato il vice campione del mondo nel 2019 e 2020 ma la cosa mi è sfuggita di mano ed è diventata una dipendenza. Non mi è stato diagnosticato ufficialmente alcun disturbo alimentare, ma era sicuramente presente“.

Bottas infatti si sottoponeva anche ad una dieta drastica, il cui perno principale erano dei broccoli al vapore: “Non era molto salutarevolevo essere il migliore e pensavo di dover fare così. Se il team diceva che dovevo pesare 68 chili e io naturalmente ne peso 73, allora facevo di tutto per raggiungere quella cifra”. 

Valtteri, per capire dove intervenire a livello mentale, si è sottoposto ad un'attenta e scrupolosa valutazione psicologica : Ho avuto bisogno di uno psicologo che mi aiutasse a riprendermi – ha raccontato ancora Bottas – e la sua prima valutazione di me è stata che sono quasi come un robot, che vuole solo raggiungere il suo obiettivo e non ha alcun sentimento. Mi ha sconcertato. Ma è vero che in quel momento non avevo altra vita che non fosse la F1“.

Alla fine dell'intervista l’ex compagno di box di Lewis Hamilton ha confessato di esser stato sostenuto, psicologicamente parlando, anche, e soprattutto, nel periodo della sua separazione dalla Mercedes: “Quella stagione è stata difficile – ha concluso – c’era il futuro in gioco e non sapevo per quale squadra avrei guidato. Era un momento importante nel quale chiedere un aiuto esterno“.

Le debolezze e i momenti più duri non risparmiamo nessuno, neanche un pluricampione del mondo del calibro di Lewis Hamilton che attraverso i suoi canali social, in questo caso una story su Instagram, ha avuto il coraggio di raccontare la sua esperienza (siamo nel 2020)

 

«È già un anno molto duro visto tutto quello che sta succedendo intorno a noi ed in alcuni giorni è difficile rimanere positivi», ha scritto Lewis Hamilton. «Ho lottato a lungo per quanto la mia salute mentale ed emotiva. Andare avanti è uno sforzo costante, ma dobbiamo continuare a lottare, perché c’è tanto da fare e da raggiungere. Vi scrivo per dirvi che va bene sentirsi nel modo in cui ci si sente, e sappiate che non siete soli e che ce la faremo. Un amico mi ha ricordato oggi che si può essere così potenti da riuscire a fare tutto ciò che ci si mette in testa. Tutti noi possiamo farlo, ricordiamoci di vivere con gratitudine un altro giorno per risorgere. Vi mando amore e luce».

Attualmente chi sta vivendo davvero un momento complicato è Sergio Perez, pilota messicano che nei giorni scorsi ha raccontato di come sia arduo e difficile vivere in un team come Red Bull, motivo per il quale il pilota numero 11 ora è affiancato da un mental coach.

Nel nostro immaginario collettivo solo se sei un pilota Ferrari senti una pressione incredibile ma a quanto pare, ora anche rivestire il ruolo di secondo pilota della casa di Milton Keynes ha le sue forti asperità da affrontare. 

 

L'ambiente Red Bull è sempre stato un autentico tritacarne per i piloti, basti ricordare ciò che hanno dovuto subire Gasly, Albon e Kvyatt in passato.

Il tempo non ha cambiato nulla di queste dinamiche, che sono diventate iterative e a farne le spese ora è Perez. 

 

Sergio Perez ha raccontato perché si è ritrovato in una situazione di crisi durante questa stagione:

 

“Quando è iniziata la stagione, la macchina mi si adattava perfettamente, ma le auto si evolvono durante l’anno. Dopo Miami per me è stato un declino. Ho trovato un’altra macchina che non mi si addiceva molto. Poi non sono riuscito a entrare in Q3 in alcune occasioni e questo ha influito molto sulla mia fiducia e mi ha fatto guidare molto più lentamente. È stato molto difficile. Perché quando guidi per un top team, la pressione sulle prestazioni aumenta rapidamente”

 

Essere teammate di Max Verstappen non è di certo compito semplice e capendo quanta pressione c'è nello svolgerlo, Checo ha deciso di chiedere aiuto

 

“Quando si vive un momento così difficile al lavoro, è difficile essere allegri a casa con moglie e figli. Per questo ho assunto un mental coach, perché la mia famiglia merita di avere un padre allegro a casa. Insieme al mio allenatore, ho lavorato per diventare la migliore versione di me stesso a casa, ma anche come pilota. Sono grato alla Red Bull per avermi dato l’opportunità di guidare per un top team. Dopo tutto, sono un pilota che non proviene dal loro stesso programma. Sarebbe fantastico se potessi concludere la mia carriera qui. Ma essere un pilota di questa squadra non è facile. La Red Bull lavora in modo diverso dalla maggior parte delle squadre. Ma è per questo che hanno tanto successo“.

Piloti più o meno forti, campioni del mondo, giovani talenti...ma sempre persone caratterizzate dai loro lati più oscuri e delicati. Per alcuni supereroi, per altri semplicemente uomini che devono sopportare fatiche, croci e periodi complicati per continuare a camminare nel loro sogno, fatto realtà. 

 

La salute mentale è parte integrante della nostra vita, prima lo capiremo e meglio è. Grazie all'esempio e alle testimonianze di questi atleti noi possiamo solo che trovare una spinta per fare meglio e per prenderci sempre più cura di noi stessi. 

Stare bene con la nostra psiche e con il nostro corpo non solo ci rende più forti, ma ci porta su un livello più alto della nostra esistenza dove risiedono serenità, appagamento e felicità. 

Ci vuole coraggio, ci vuole motivazione e anche un briciolo di curiosità...

Cominciando questo percorso, così speciale, conoscerete meglio la persona più importante della vostra vita (voi stessi), vi amerete un po' di più e capirete (non sarà semplice) come affrontare al meglio certi momenti. 

Più viaggeremo nella nostra mente e più saremo completi, più ci sapremo districare nel labirinto delle nostre emozioni e più saremo consci di come effettivamente gestire al meglio le nostre crisi.

 

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