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"DYNAMITE" JOCHEN RINDT

DI LAURA PIRAS

Oggi ricordiamo un campione particolare, caratterizzato da una storia da una parte lineare ma dall'altra molto intricata e particolare, oggi voglio parlarvi di Jochen Rindt, pilota tedesco che nacque il 18 aprile del 1942 a Magonza in Germania

Come sottofondo della sua infanzia c'è la seconda guerra mondiale, come teatro lo stato Teutonico, punto nevralgico del conflitto bellico. 

 

Jochen rimane orfano da piccolissimo, aveva solo 2 anni quando perse entrambi i genitori. A sostenerlo per tutta la sua infanzia furono i nonni, ma per fare questo il piccolo futuro campione tedesco dovette trasferirsi in Austria, a Graz

 

Vita fatta di innumerevoli sacrifici ma ricca di una passione quasi viscerale, sin da bambino, per il motosport che si fa largo nel suo cuore velocemente nella sua mente. 

 

Jochen divenne un ragazzo pieno di sogni fra i quali quello di correre, quel correre che lo fa sentire vivo, che lo fa sentire sempre più se stesso. 

All'età di 19 anni prende la difficile decisione di vendere l'azienda, eredità paterna: tutto per le auto, tutto per la propria passione, tutto per quel fuoco che ogni pilota sente al suo interno. 

 

Rindt comincia la sua carriera iniziando con il mondo del Rally e del Gran Turismo, categorie che forgiano il suo temperamento e il suo piede. Nel 1963 traghetta nella Formula Junior, uno dei pochi campionati propedeutici alla F1 di quel periodo. 

Dopo qualche anno fa il passaggio in F2 dove militò per sempre. Parallelamente alla sua attività in F2, avviene il tanto debutto in Formula 1

Prima di analizzare il suo percorso nella massima serie sportiva automobilistica ricordiamo a tutti la sua stupenda vittoria nel 1965 della leggendaria 24 Ore di Le Mans

 

All'inizio del suo cammino in F1 si fa ben conoscere in Brabham e in Cooper e acquisisce ben presto la nomea del pilota veloce, aggressivo e determinato... tanto rapido ma poco incline a raccogliere i risultati sperati. Tante pole position, qualche giro veloce ma pochi punti, conseguenza del fatto di far parte di squadre minori che non possono ambire ai vertici delle classifiche. 

Grazie a queste qualità venne nominato dai suoi estimatori "Dynamite" perchè è un mago nell'usare il pedale dell'acceleratore. 

Al termine del 1968 passa alla Lotus, finalmente arriva nella sua carriera un team di tutto rispetto con cui può giocare al meglio le sue carte. 

L'incipit in Lotus è un percorso fatto di alti e bassi, anche a causa di un incidente avvenuto nella prima parte della stagione che gli infligge una frattura alla mascella e una commozione celebrale abbastanza seria. 

Ma Jochen non si perde d'anima e torna a correre e come l'araba fenice, risorgendo dalle sue ceneri, agguanta la sua prima vittoria in carriera a Watkins Glen. Lui vince e festeggia mentre il suo compagno di squadra, il grande Graham Hill, si fratture gli arti inferiori. 

 

 

Nel 1970 è uno dei candidati per la vittoria al titolo mondiale e l'inizio è davvero incoraggiante,  il migliore della sua storia. Jochen vince tre gare, sigla una pole position e registra un giro veloce: tutto nei primi 6 gran premi del mondiale. 

Rindt continua la stagione come un martello, come un rullo compressore: Inghilterra, Germania e Austria, tutte testimoni oculari di sue grandi imprese. 

 

La F1 sbarca a Monza dove si tenne il Gran Premio di Italia. Arriviamo al sabatoil 5 settembre, giorno di qualifiche. 

Sembra una sessione normale, come tutte le altre, ma non per Jochen che perde il controllo della sua Lotus 72 alla Parabolica

Vani saranno i tentativi di rianimarlo, Rindt verrà trovato in fin di vita e durante il trasporto in ospedale esalerà il suo ultimo respiro. 

Il mondo della F1 è sotto shock, il Dio del Motosport ha strappato alla vita un altro campione, ennesima vittima sacrificale di una divinità che non guarda in faccia a nessuno. Ma non ci si può fermare: Show Must Go On.

 

Tutto fluisce come sempre, le gare continuano ad essere disputate e tutto prosegue sino la fine ma. stranamente, come fosse un segno del destino, nessun pilota riesce a scalfire la posizione di Rindt in classifica. 

Jochen viene nominato campione del mondo di Formula 1 postumo, un trionfo ma senza champagne. 

 

 

Jochen era esuberanza, era potenza, era forza ed impeto, quasi come se fosse un eroe romantico senza mezze misure, per lui contava solo esclusivamente l'andar sempre più veloce degli altri, per lui contava solo esclusivamente l'adrenalina e oltrepassare i propri limiti.

 

Per i cronisti era "Grindt", epiteto nato per la sua immensa grinta, per alcuni giornalisti invece era "Tiger", nomignolo nato sia per via della sua infinita aggressività sia per quel naso schiacciato particolare che caratterizzava il suo volto, per gli appassionati era, come abbiamo detto prima, semplicemente "Dynamite", pilota che, nonostante un briciolo di mal d'auto, causato dal casco integrale, era sempre pronto dentro l'abitacolo a sfidare il mondo. 

 

Per me rimarrà uno di quei piloti che ha sfidato la morte in faccia, riuscendo, in ogni caso, a raccogliere la vittoria più grande...perché la morte in certi casi non è niente, è solo un passaggio verso l'altra sponda, quella sponda che lo volle CAMPIONE DEL MONDO.

 

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