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TRE MATRIMONI A LUME DI MOTORI

DI MALIKA MARWOI MISSAOUI

“Da grande farò il pilota”, quante volte abbiamo sentito pronunciare questa fatidica affermazione? Una voglia irrefrenabile di calarsi in quell’abitacolo, di sentirsi dire ce l’hai fatta: ti sei sposato con l’amore della tua vita. 

La ricerca del matrimonio combinato dei sogni, lungo quell’altare che profuma di vissuto, di numeri, di velocità. Un desiderio innato in ciascun bambino che, crescendo tra gli asfalti e la magia della passione, brama la sua compagna di vita: la Formula 1. 

Quattro anni dopo l’ultima volta, tre comuni, o quasi, ragazzi convolano a nozze con le loro rispettive dolci metà. 

A partire da Nyck De Vries, un rookie a tutti gli effetti, con una carta d’identità che recita ventotto anni, un po’ tanti per un esordiente direte voi. E c’è chi, a quaranta anni suonati, invece, non ne vuole sapere di richiedere il divorzio, ma decide di contrarre matrimonio una seconda volta perché in amore non esistono limiti, giusto? 

 

Anelare di essere tra i venti uomini più veloci del mondo, un desiderio che il connazionale di Verstappen è riuscito ad abbracciare dopo tante fatiche e qualche mondiale in bacheca. 

Monza 2022 lo ha reso una damigella d’onore inaspettata. E tra le mani del Frisone, un bouquet di fiori ha reso il suo cammino una luna di miele. 

“Quel giorno si sono allineati gli astri”, aveva affermato De Vries; un’appendicite acuta gli è valsa il contratto dei sogni, un paradosso. 

Due punti artigliati nel Tempio Della Velocità che hanno fatto parlare di lui per settimane.  

Una chiacchierata in quel di Monaco, a cena con il campione in carica, e una telefonata indirizzata ad Helmut Marko hanno chiuso il cerchio delle speculazioni. Nyck De Vries sarebbe stato un pilota di Formula 1. 

 

Un inizio di stagione, però, complicato. Una favola in salita già dopo i primi giri con la propria consorte faentina. Un’amara eliminazione dal Q1 nelle sue prime qualifiche in assoluto e un anonimo quattordicesimo posto in gara. Come primo giorno di apprendistato poteva andare decisamente meglio. 

 

D’altro canto, però, il numero ventuno della griglia, vanta di un curriculum di pieno rispetto e, quel mondiale conquistato nel 2021 in FE, ha rigenerato le speranze dell’Olandese. 

Maturità, esperienza e perseveranza lo accompagneranno a scalare l’Everest e, con armi di questo calibro, potrà confermare il suo biglietto da visita e, chissà, magari ambire anche a qualcosa di più. 

 

Ciò di cui abbiamo certezza, però, è il tempo: diamo tempo al tempo, non è così che funziona in amore? 

E, di tempo, ne è servito ad Oscar Piastri, classe 2001, per approdare nella massima categoria. 

Le sue nozze, al contrario, sono state travagliate e sulla bocca di tutti, un vero e proprio scandalo mediatico. Da sempre sotto l’ala protettrice del marchio transalpino, il duo Piastri-Alpine era una certezza. Un tutt’uno che si sarebbe concretizzato non appena si sarebbe liberato un sedile in griglia. 

Un anno di attesa dopo le gesta eroiche condotte nelle categorie minori. F3 e F2 espugnate al primo colpo. Un giovincello dal raro talento cristallino, destinato a fare magie in pista e ad incantare chiunque, perfino l’ottantenne a passeggio con il proprio cagnolino. 

Piastri, per Alpine, rappresentava un’occasione d’oro, un gioiellino da far esplodere. Ma nessuna fede nuziale è mai riuscita ad arrivare a quell’anulare sinistro. 

 

Un tradimento, se così si può definire, in piena estate, ha fatto crollare ogni minima certezza. Ma, con qualche amante e avvocato di troppo, la vera dolce metà dell’Australiano si è fatta avanti e, come ogni racconto dotato di morale, c’è stato il lieto fine per il fuoriclasse numero ottantuno. 

 

Guidare in Formula 1 è impagabile, ma farlo per una delle Regine Storiche di questo sport lo è ancora di più. Difendere i colori della McLaren è un privilegio. Significa accostare il proprio nome a quello dei colossi delle quattro ruote, da Sir Hamilton ad Hakkinen, da Fittipaldi a Lauda, per poi arrivare a Prost e Senna. 

E questo, Piastri, ragazzo di poche parole, lo sa bene. 

 

Il rookie dà inizio alla sua convivenza con la Papaya nel momento più ostico della squadra. Diverse sono le debolezze che infliggono la sua freccia arancione e, consapevole di ciò, si appella alla promessa fatta nel giorno del fatidico Sì: nella buona e nella cattiva sorte. 

La stessa promessa che lega anche Logan Sargeant alla Williams, il terzo e ultimo debuttante della nuova generazione di piloti chiamata a portare avanti la storia di questa realtà sportiva. 

Una stagione alla rincorsa quella dell’Americano nel 2022 in F2. Conquistare la superlicenza era la chiave di accesso per il suo bottino. E un quarto posto nella classifica generale gli è valsa la concretizzazione del proprio sogno. 

 

E dopo otto anni dall’ultima volta, un americano torna a issare la bandiera degli Stati Uniti lungo i tracciati di tutto il mondo. 

E, nel frattempo, il popolo statunitense si coccola il proprio beniamino di casa, in attesa di accoglierlo in patria per i tre gran premi previsti nel 2023. 

 

Nel mentre, Sargeant, è stato protagonista di un esordio stellare, aprendo le danze con una qualifica che gli ha negato l’accesso al Q2 per un tempo in fotocopia a quello siglato dal pilota McLaren, Lando Norris. 

Il dodicesimo posto nel giorno del verdetto, invece, ha consegnato la meritata serie di elogi al giovane rookie. 

 

Una cosa, però, è certa: il trittico apprendista è affamato, da sempre lo è stato, sin dalla tenera età. Un denominatore comune a tutti i piloti. 

La stagione, o meglio, la convivenza, è agli albori. I tre nuovi caschi hanno tutte le carte in regola per stabilire un matrimonio duraturo ed è solo questione di tempo, e forse anche di macchina, prima di assistere alle loro prodezze a cui siamo sempre stati abituati. 

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