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AMMIRAZIONE O ADULAZIONE?

DI SIMONE PACIFICI

I premi sono fatti, teoricamente, per essere assegnati a coloro ai quali sono stati riconosciuti dei meriti particolari in un dato campo e contesto. Ma è indubbio che l’aumento della notorietà della Formula 1 a livello globale stia portando ad una sua trasformazione: prima sport molto raramente nazionalpopolare (solo nei Paesi in cui è storicamente radicata come Inghilterra e Italia), in pochi anni è diventata un vero e proprio fenomeno di culto grazie all’impronta fortemente social che le ha dato Liberty Media (assieme alla discutibile serie Netflix Drive to Survive). E questo inevitabilmente porta ad un mutamento delle logiche sia esterne che interne alla disciplina motoristica stessa. Se prima la F1 era un campionato di nicchia dove si giudicava con più imparzialità ciò che succedeva in pista adesso la musica è cambiata, la popolarità dei singoli piloti la fa da padrone.

 

Lewis Hamilton di premi ne ha avuti tantissimi nel corso della sua carriera, sia ottenuti in pista che datigli da terzi sempre per le sue grandi imprese. È proprio per questo che lascia molto perplessi che sia stato nominato “Pilota Britannico dell’Anno” agli Autosport Awards dopo una stagione 2022 di certo non negativa, ma senza particolari acuti (nemmeno fuori dalla pista) che giustifichino ciò.

 

Molto più meritevole di ciò sarebbe stato George Russell, autore di un ottimo campionato alla sua prima in Mercedes, culminato con una pole position in Ungheria e una vittoria in Brasile nonostante una vettura che era solo una pallida imitazione di quelle portate gli anni scorsi dalla casa di Stoccarda. Russell ha infatti ricevuto “solo” il premio “Momento dell’Anno” per il GP d’Interlagos, poco se si considera quanto detto prima.

 

Di certo non sarebbe morto nessuno se dal 2022 Hamilton fosse uscito a mani vuote. È successo a tanti piloti del suo calibro di avere una stagione un po’ incolore, non si è sempre perfetti e la fortuna non ci può arridere in ogni occasione. Tra il premio “Azione dell’Anno” assegnatogli dalla FIA per votazione popolare per il doppio sorpasso al GP di Gran Bretagna ai danni di Charles Leclerc e di Sergio Perez (molto discutibile anch’esso) e quello da parte di Autosport (cerimonia alla quale non si è nemmeno presentato) le perplessità sulla loro effettiva validità sono tante. Soprattutto se essi vengono dati ad un Lewis Hamilton che sicuramente muove più facilmente le folle, anziché ad un George Russell che fino a Sakhir 2020 ha avuto una carriera maggiormente in sordina in ambito social rispetto a suoi coetanei del calibro di Leclerc e Lando Norris, nonostante abbia avuto nelle categorie minori dei trascorsi ancor più brillanti rispetto a quest’ultimo e alla pari di quelli del monegasco.

 

Abbiamo tante certezze statistiche che il nome di Hamilton siamo molto più riconoscibile dalle masse e quindi dai mercati rispetto a quello di Russell, essendo uno degli atleti più popolari a livello globale. Ma questo può giustificare il fatto che dei premi che dovrebbero essere indirizzati ai piloti che si sono comportati meglio nel corso di una singola stagione vengano assegnati ad altri solo perché più conosciuti e/o con un curriculum più ricco, anche in virtù del fatto che stiamo parlando di un corridore probabilmente nella fase finale della sua carriera contro uno che è ancora a tutti gli effetti un emergente?

 

Secondo molti fan del pilota inglese sì, sulla base che lui sarebbe un’icona sia nel mondo della F1 che al di fuori di esso e che praticamente non dargli almeno un premio all’anno, anche dopo una stagione piuttosto incolore rispetto ai suoi standard (sia per opera sua che per una macchina che oggettivamente parlando non è mai andata), sarebbe un’ingiustizia nei suoi confronti, pure se questo significasse andare contro il vero spirito sportivo che vorrebbe vedere premiato il merito in un dato contesto, indipendentemente dallo status di una persona. Una narrazione popolare (in parte figlia dell’indubbia ingiustizia subita da Lewis ad Abu Dhabi 2021) che purtroppo viene abbracciata a quanto pare da una parte dei media e della stampa specializzata, data la natura degli Autosport Awards, organizzati da una delle maggiori testate motoristiche d’ambito internazionale. Anche se, come nel caso del premio FIA sopraccitato, il riconoscimento ricevuto da Hamilton è stato assegnato sulla base dei voti dei lettori della nota rivista automobilistica.

 

Avere ammirazione per un pilota è giusto, ci mancherebbe. Ma c’è una sottile linea di confine che porta alla trasformazione della semplice ammirazione in vera e propria adulazione incondizionata, soprattutto se si lascia che questi premi vengano assegnati dalle votazioni popolari anziché dagli esperti del settore, i quali spesso per non perdere pubblico finiscono per farsi influenzare da quest’ultimo perfino nella narrazione giornalistica.

 

 

E questa tendenza si rivela molto deleteria per la F1, in quanto spesso finisce per celebrare solo certi personaggi noti, lasciando le analisi critiche a una cerchia ristretta molte volte contestata dalle masse e di fronte alle quale deve addirittura tacere, pena la gogna sui social.

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