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"SE CI FOSSE ANCORA LUI"

DI SIMONE PACIFICI

Mai visti sorrisi per un secondo posto nel box della Ferrari come quelli di Abu Dhabi. Un 2022 iniziato sotto grandi auspici, con una vettura fortissima (magari non la più affidabile, ma Fernando Alonso direbbe “Sempre meglio dell’Alpine” su quel fronte) in grado di battagliare in quasi tutte le gare fino all’Ungheria con la Red Bull, finito poi mestamente con una seconda posizione nel mondiale piloti con Charles Leclerc e un’altra in quello costruttori risicate, conquistate all’ultima gara. Risultato a dir poco impensabile prima di Spa e il palese “azzoppamento” con la famosa DT39 della F1-75, il cui potenziale nella prima parte di campionato avrebbe in ogni caso dovuto permetterle di fare un bottino sicuro di punti rispetto a Mercedes e assicurarsi il secondo posto in entrambe le classifiche già ad Interlagos, se non addirittura prima.

Leclerc: https://racingnews365.com/how-ferraris-abu-dhabi-tests-will-impact-their-2023-car
Leclerc: https://racingnews365.com/how-ferraris-abu-dhabi-tests-will-impact-their-2023-car

Gli sforzi di (soprattutto) Leclerc e del suo compagno di squadra, Carlos Sainz, sono stati parzialmente vanificati da una chiara inadeguatezza della Ferrari dal punto di vista gestionale, con un Mattia Binotto incapace di porre un freno ai continui errori del muretto box, legati in primis alle strategie spesso completamente sbagliate di Inaki Rueda e dei suoi diretti collaboratori. Non sono però gli unici colpevoli: anche la crew di meccanici ha dimostrato gravi negligenze in più di un’occasione, basti vedere ad Interlagos dove Charles ha rischiato di restare fuori dal Q1 a causa degli addetti ai cambi gomme che non riuscivano a trovargli il set giusto di pneumatici, oltre allo sbaglio ingiustificabile di montargli coperture intermedie in Q3 su tracciato ancora poco umido che lo ha costretto a partire decimo.

 

E se da una parte si assiste ad un fenomeno di eccessiva esaltazione del monegasco, con quel soprannome “Il Predestinato” che sta sottolineando più una triste predestinazione alla sfortuna (similmente a uno Jean Alesi) che a una carriera ricca di successi, dall’altra si sta formando un fronte mediatico e in particolare di tifoseria che difende in qualsiasi maniera l’operato della Ferrari, in particolar modo di Binotto.

Mattia Binotto: https://www.circusf1.com/2022/11/f1-con-chi-la-ferrari-eventualmente-sostituira-mattia-binotto.php
Mattia Binotto: https://www.circusf1.com/2022/11/f1-con-chi-la-ferrari-eventualmente-sostituira-mattia-binotto.php

Il Team Principal nato a Losanna ha assunto per molti sostenitori della Rossa un ruolo quasi messianico che prima spettava solo ai piloti (vedasi Alonso, di cui tantissimi ancora oggi provano nostalgia, e Vettel agli inizi, prima di diventare per il pubblico la causa di tutti i mali di Maranello) nonostante i suoi numerosi errori e la sua debolezza politica, dimostrata ai tavoli della FIA contro Mercedes e Red Bull negli ultimi anni. Se da un lato bisogna dire che comunque Mattia Binotto ha delle ottime conoscenze a livello tecnico nel campo motoristico (avendo lavorato su diverse generazioni di propulsori in F1 e sempre con buoni risultati) che gli hanno permesso di affermarsi come uno dei migliori ingegneri sulla piazza, dall’altro il ruolo di capo della Scuderia Ferrari sembra stargli stretto, tenuto in piedi soltanto da un muretto che resta compatto attorno a lui e sostenuto da una tifoseria e da una parte della stampa che ingigantiscono di molto i suoi meriti passati e presenti. Quasi come se il ruolo di TP fosse una sorta di premio alla carriera (indipendentemente dalla sua effettiva bravura) e “superiore” a quello di Direttore Tecnico, quando in realtà dovrebbero essere entrambi di cruciale importanza in F1.

 

 

Forse le suddette persone non si vogliono rimangiare le parole dette sul suo predecessore Maurizio Arrivabene, oggetto di critiche spesso gratuite nel corso la sua permanenza in quanto considerato inadeguato e privo di qualsivoglia umiltà e con cui Rueda e altri ebbero non pochi conflitti, in primis in occasione del weekend del Gran Premio del Giappone 2018, durante il quale l’ex TP disse davanti alle telecamere che il muretto box avrebbe dovuto smetterla di guardare solo i computer e considerarli un Oracolo di Delfi del terzo millennio, osservando invece cosa succedeva realmente in pista.

Arrivabene: https://www.calciomercato.com/news/formula-1-ferrari-licenziato-arrivabene-74024
Arrivabene: https://www.calciomercato.com/news/formula-1-ferrari-licenziato-arrivabene-74024

Il che col senno di poi, per quanto si possa criticare un simile approccio comunicativo, alla fine era giusto, se si vede come al GP d’Ungheria di quest’anno la squadra ha voluto insistere nel montare gomme dure a Leclerc nonostante fosse già chiaro vedendo gli altri piloti che le stavano utilizzando che non stavano rendendo come previsto nelle simulazioni. E lì purtroppo si è visto un Binotto decisamente troppo aggressivo con la stampa, arrivando a litigare in diretta col commentatore di Sky F1 Carlo Vanzini (sempre amichevole nei suoi confronti) per aver espresso una semplice perplessità sulla strategia in casa Ferrari. Un tipo di difesa verso il suo team ai box che non ha mai dimostrato nei confronti dei suoi piloti, con i quali è anzi solitamente molto propenso alla critica in caso di errori (basti vedere il trattamento riservato a Vettel in passato e poi a Charles, soprattutto a Silverstone).

 

Ciò e altri episodi in passato lasciano trasparire una sua vicinanza maggiore ai suoi colleghi tecnici rispetto ai corridori, una differenza di trattamento che potrebbe rivelarsi molto pericolosa. A questa si aggiunge, come già detto, un rapporto non eccelso tra Binotto e i mezzi di comunicazione, con i quali quando non si sono dimostrati elogiativi nei suoi confronti si è frequentemente trovato molto a disagio e che lasciano trasparire chiari problemi da parte sua a reggere un botta e risposta mediatico (grave problema se si rappresenta un marchio mondiale come il Cavallino Rampante). Senza contare tutte le volte in cui il ferrarista ha contraddetto dichiarazioni da lui stesso rilasciate in precedenza, a volte solo qualche mese prima.

 

 

Eppure sembra che il suo atteggiamento piaccia molto ad una larga fetta della tifoseria (un po’ meno alla dirigenza negli ultimi tempi, bisogna sottolinearlo) che pare stia sempre più interpretando quel motto, “Essere Ferrari”, più come un elogio acritico verso la Scuderia, dove i principali colpevoli dei suoi problemi sono i piloti (in particolare Leclerc), rei di non ottenere prestazioni superiori al potenziale della vettura e del team, e il CdA, che in alcuni momenti tarperebbe le ali a Binotto impedendogli margini di manovra e in altri lo ignorerebbe e lo lascerebbe in balia delle altre squadre (a seconda della narrazione che fa comodo). E si finisce così per perdonare tutto al TP Ferrari, seguendolo addirittura nei festeggiamenti per un secondo posto che in altri tempi avrebbe avuto un sapore amaro per la Rossa, specie dopo le premesse d’inizio stagione.

Carlos Sainz: https://www.autosport.com/f1/news/ferraris-f1-2022-engine-gains-greatest-for-more-than-25-years/10353372/
Carlos Sainz: https://www.autosport.com/f1/news/ferraris-f1-2022-engine-gains-greatest-for-more-than-25-years/10353372/

È questo davvero lo spirito della Ferrari? Rassegnazione o addirittura felicità indipendentemente da quello che arriva, credendo in un futuro trionfo in arrivo l’anno dopo? Bisogna capire quale sia innanzitutto lo spirito della Ferrari oggi, perché non si può pretendere (e si direbbe giustamente) che sia lo stesso degli anni Duemila del dominio dell’armata Schumacher-Todt-Brawn-Byrne, figurarsi quello del fondatore della casa di Maranello, Enzo Ferrari. Parliamo di altri tempi, un altro mondo rispetto a quello di oggi. Ma si può anche criticare la Scuderia che tanto fa della sua storia un vanto, ma poi non le presta il giusto tributo con una mentalità che è tutt’altro che vincente.

 

 

Una domanda che ci si fa spesso è: se ci fosse ancora lui, il Drake, come reagirebbe vedendo la Ferrari di oggi? Possiamo andare solo per ipotesi, ma di sicuro non festeggerebbe questo secondo posto in entrambi i mondiali. Probabilmente approverebbe il sorriso finale di Leclerc, leggendovi sollievo per una stagione travagliata che si è conclusa (essendo stato lui stesso pilota), ma ordinerebbe come minimo al team di tornarsene a capo chino a casa, senza nessun tipo di giubilo per aver terminato il campionato il campionato come “i primi dei perdenti”. Soprattutto considerando che stavano per finire terzi nel mondiale a discapito di una scuderia, la Mercedes, che aveva avuto un inizio di 2022 atroce, poi recuperando fino ad ottenere una grande doppietta in Brasile.

Enzo Ferrari: https://motori.quotidiano.net/autoemotonews/enzo-ferrari-122-anni-nascita.htm
Enzo Ferrari: https://motori.quotidiano.net/autoemotonews/enzo-ferrari-122-anni-nascita.htm

Non si può sapere invece se avrebbe licenziato Binotto e la sua crew in toto o solo in parte (magari convincendo l’ingegnere a tornare ad un ruolo esclusivamente in fabbrica e nominando un nuovo TP), oppure se avrebbe lasciato addirittura tutto così com’è confidando nel “terrore” che incuteva ai suoi dipendenti, in particolare i più indolenti, per farli lavorare bene. Ma di sicuro non avrebbe scaricato tutte le colpe sui piloti, nonostante si abbia l’immagine di un Enzo Ferrari “Saturno che divora i suoi figli” pervenuta da una parte della stampa che gli fu sempre avversa per ideologia, in un’Italia all’epoca spaccata tra chi amava le corse automobilistiche e chi avrebbe addirittura voluto abolirle, in quanto pericolose per i piloti e per chi vi assisteva. Immagine non veritiera che oggi viene usata da diversi ferraristi per giustificare il massacro dei corridori e la protezione a spada tratta dello staff (in primis di Binotto e i suoi), quando in varie occasioni il Commendatore si dimostrò più propenso addirittura a licenziare tecnici a suo dire poco collaborativi che piloti. Avrebbe indubbiamente apprezzato la devozione per il Cavallino Rampante di Leclerc abbinata al suo grande talento e al suo stile di guida indomito, qualità queste ultime che lui accostava sempre al suo rivale in pista e poi amico Tazio Nuvolari.

 

Di sicuro se ci fosse ancora il Drake la Ferrari avrebbe una mentalità molto diversa: tornerebbe a lavorare a testa bassa e senza sosta fino ai test invernali del 2023, allenandosi sul fronte strategico e dei pit-stop e soprattutto sulle mosse politiche da attuare per proteggersi dalle altre squadre, puntando senza indugi alla vittoria, visto che a livello tecnico la Rossa resta tra i migliori in F1.

Si parla per ipotesi, certo. Questo mondo è molto diverso da quello in cui Enzo Ferrari ha costruito la sua fortuna. Non si può pretendere di trionfare col suo modo di pensare in un campionato ormai differente sotto tanti aspetti rispetto agli anni Settanta-Ottanta. Imparare un paio di cose da Red Bull e Mercedes non sarebbe male. Quello che importa, però, è mantenere la mentalità vincente che ha costruito la fortuna del Cavallino Rampante.

 

Essere Ferrari” non può giustificare una chiusura a riccio, un atteggiamento provinciale che porta addirittura a rifiutare l’ipotesi dell’arrivo di un TP non formatosi a Maranello, credendo che soltanto ciò che viene “da casa nostra” sia buono. Perfino il fondatore si serviva di personale che spesso strappava ad altre case automobilistiche, in quanto contribuì al passaggio di Vittorio Jano dalla Fiat all’Alfa Romeo nel 1923.

Essere Ferrari” dovrebbe rappresentare un memorandum della storia del Cavallino, dell’orgoglio che muove i passi di una Scuderia al tempo stesso pronta al cambiamento e anche a dei sacrifici (ipotizzando, per esempio, se Binotto non volesse fare autocritica riguardo la sua linea di lavoro e minacciasse di lasciare totalmente la Ferrari in caso perdesse il suo ruolo attuale) per tornare a vincere a lungo termine.

 

Nemmeno il Drake risparmiava scossoni internamente al suo team se questo era necessario al fine di riconquistare la vetta, come quando a fine 1973 chiuse il programma sport prototipi per concentrarsi sulla F1. Mossa che allora molti considerarono priva di senso, ma che diede i suoi frutti. E quindi perché non si dovrebbe rischiare oggi, soprattutto se l’unica alternativa è un declino lento e inesorabile per la Ferrari?

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