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BARRICHELLO E INTERLAGOS: UNA TRISTE LOVE STORY

DI MILLY SUNSHINE

Ci sono storie di motorsport che sappiamo a memoria, ma non è una buona ragione per smettere di ripeterle. Quindi, sicura che se Gianfranco Mazzoni fosse al corrente di quello che sto facendo mi approverebbe, vi porto a ripercorrere una storia di sventure casalinghe senza paragoni. E prima che i predestinaters mi vengano a fare la predica ricordandomi che Charles Leclerc non è mai andato oltre un quarto posto sul suolo di casa, ci tengo a ricordare loro che Leclerc ha ancora una lunga carriera davanti per puntare a qualcosa di più nel gran premio di casa. O molto più probabilmente, quando gli americani avranno finito di colonizzare la Formula 1 a loro piacimento, non avrà più un gran premio di casa nel quale essere protagonista di sventure varie. Quindi allacciatevi le cinture, date un'occhiata ai laghi che costeggiano il circuito e in lontananza alle case popolari del Progetto Singapura che sorgono laddove un tempo sorgeva una favela. Le case popolari suddette sono anche state finanziate dalla città-stato di Singapore, che deriva dal sanscrito "Singapura" ovvero "città del leone". È bello quando i dettagli di più gran premi si uniscono tra di loro, ma rischiano di distogliere l'attenzione da ciò di cui vi voglio parlare: la malasorte di Rubens Barrichello sul suolo casalingo.

 

Suolo casalingo non è neanche un eufemismo, il Sommo Mazzoni ci ha infatti raccontato in lungo e in largo come il piccolo Rubinho sia cresciuto nella casa dei nonni paterni che si trovava dietro all'Arquibancadas, "ovviamente fuori dal circuito". Il nome del nonno paterno è Rubens ed è stato l'allenatore della nazionale brasiliana di bocce. Il nome della nonna paterna invece è Caselda: nonna Izaura, quella che scrutava sempre il cielo, era la nonna materna e non viveva dietro l'Arquibancadas. Ciò non le vietava, tuttavia, di fare pronostici sulle condizioni meteo con le quali si sarebbero disputati i gran premi, non rivelandosi esattamente affidabile. Oltre a nonno Rubens c'è anche papà Rubens: una famiglia composta di persone con lo stesso nome, soprannominato Rubao il padre, soprannominato Rubinho il figlio, per distinguersi l'uno dall'altro. Rubao e Rubinho sono anche nati entrambi il 23 maggio, a ventidue anni di distanza l'una dall'altro. La madre Ideli e la sorella Renata, inoltre, condividono a loro volta la data dei loro compleanni: per intenderci, una famiglia che si presta bene alle storie interessanti e alle curiosità, anche se il piccolo Rubens non si fosse arrampicato in gioventù sui muretti del circuito in compagnia di Alex Barros, poi divenuto pilota di motociclismo.

 

Sbarcato in Formula 1 nel 1993 come pilota della Jordan, è verosimile che il più grande desiderio di Rubinho sia stato quello di potere un giorno "arrampicarsi" anche sul gradino più alto del podio. Alla prima edizione disputata, tuttavia, non è andata molto bene: ritirato per un problema al cambio dopo pochi giri. Ciò nonostante nella sua prima stagione ha dimostrato di essere una giovane promessa e nel 1994 ha iniziato a dare segni di volere mantenere la promessa stessa: ha ottenuto un quarto posto, il che non era male, se consideriamo che guidava una Jordan, quindi una vettura di media competitività, ma non sicuramente al livello di quelle di prima fascia. Curiosamente nel gran premio successivo a Okayama sarebbe arrivato anche il primo podio, ma comunque anche a Interlagos non si poteva lamentare. Purtroppo una stagione più tardi non è andata altrettanto bene: sempre al volante di una Jordan, è stato costretto nuovamente, come due anni prima, a ritirarsi per un problema al cambio. Rimaneva comunque alta la convinzione di essere di fronte a una giovane promessa e, al di là della iella a casa propria, i risultati di spessore non mancavano.

 

Nel 1993, ultima stagione di Barrichello alla Jordan, il gran premio si è svolto in condizioni di bagnato e, spesso e volentieri, l'abbiamo trovato nelle zone che contavano della graduatoria. Non solo: a gara inoltrata si è preso il lusso di mettersi a lottare per la terza posizione con la Ferrari del futuro compagno di squadra Michael Schumacher. Poi, però, è finito in testacoda, impantanandosi e venendo costretto al ritiro quando nel peggiore dei casi era sembrato destinato a portarsi a casa almeno un quarto posto. Non è andata così e la situazione era destinata anche a peggiorare con il passaggio alla Stewart l'anno seguente. Su una vettura ben poco affidabile, nel corso della stagione 1997 ha raccolto ben poche soddisfazioni (di cui una, comunque, molto grande, ovvero il secondo posto a Montecarlo), finendo per ritirarsi nella maggior parte dei gran premi. Interlagos non è certo stata l'eccezione: stavolta è stata la rottura di una sospensione a mettere fine anzitempo alla sua gara, mentre un anno più tardi, sempre alla Stewart, ha potuto rivivere i fasti della Jordan ritirandosi nuovamente per un problema al cambio. Il meglio, comunque, doveva ancora venire, ed era in agguato... o forse è il caso di dire il peggio?

 

La gara del 1999 l'ha iniziata a tu per tu con Mika Hakkinen e Michael Schumacher, arrivando a infilarsi tra i due nei primissimi giri, per poi addirittura riuscire a superare Hakkinen portandosi in testa dopo una breve indecisione del pilota della McLaren provocata da un problema al cambio. Si è ritrovato leader e Schumacher e Hakkinen alle sue spalle non potevano fare niente, se non attendere con un certo grado di pazienza che iniziasse il giro dei pitstop. Rubinho non era destinato a vincere quella gara: la sua strategia era a due soste ed era partito più leggero degli avversari, quindi a pitstop ultimati era destinato a non più detta terza piazza alle spalle di Hakkinen (leader della gara dopo la sosta) e Schumacher. Però la sua vettura ha deciso di no, che non poteva vedere la gloria del podio. Dopo un inizio da eroe, ha terminato la gara parcheggiando con la monoposto in fumo, un po' come se a Interlagos gareggiasse sempre tenendo nell'abitacolo un gatto nero con un uovo di gufo tra le zampe. Se non altro si stava delineando sempre più come personaggio: lo sventurato pilota di midfield che ispirava simpatia per la sua iella.

 

Passando dalla Stewart alla Ferrari ha finito spesso per essere dipinto come una barzelletta vivente e i piloti vengono tuttora screditati paragonandoli a lui (abitudine a cui mi oppongo fermamente, perché obiettivamente parlando Barrichello ha vinto undici gran premi e molti piloti a quei livelli non ci arrivano), ma questo è un altro discorso, torniamo a Interlagos. Si poteva infatti ipotizzare che dopo il passaggio a un top-team per il giovane Rubens le cose cambiassero e fosse possibile avere un po' di soddisfazioni in Brasile, ma non è andata così. Nel 2000 si è ritirato per un guasto al motore, quando poteva ambire al gradino più basso del podio, mentre nel 2001 si è autoeliminato con un incidente con la Williams di Ralf Schumacher. Nel 2002 è stato anche brevemente in testa, seppure più leggero e su una strategia a una sosta in più rispetto al compagno di squadra, ma la vettura l'ha lasciato a piedi. Per non parlare del caotico 2003, in cui il ritiro è arrivato proprio quando si trovava in testa alla gara. Partito dalla pole nel 2004 ha concluso la gara con un insoddisfacente quarto posto, mentre nel 2005 ha avuto finalmente una gara tranquilla, ma la vettura proprio non c'era e ha chiuso solo sesto.

 

Nei suoi tre anni alla Honda ha colto un settimo posto, un ritiro per guasto al motore e un arrivo nelle retrovie sulla pessima vettura del 2008, il tutto mentre il suo connazionale e concittadino Felipe Massa che aveva preso il suo posto in Ferrari vinceva le edizioni del 2006 e 2008 divenendo il nuovo eroe locale. Si vocifera addirittura di striscioni contro Barrichello esposti sulle tribune a Interlagos, aneddoto raccontato da Mazzoni. Il 2009, tuttavia, ha segnato una nuova svolta. Con la Honda diventata Brawn GP, Rubens Barrichello ha conquistato la pole position nel gran premio di casa, mentre i suoi avversari per il titolo Jenson Button e Sebastian Vettel partivano invece dalle retrovie. Certo, la classifica parlava molto a favore di Button, quindi non c'era da stupirsi se il suo compagno di squadra fosse riuscito a diventare campione del mondo in quell'occasione, ma Rubens poteva almeno puntare a conquistare finalmente la tanto ambita vittoria sul suolo di casa. Invece no, persa la leadership dopo il primo stint, ha perso perfino il podio forando durante un duello con Lewis Hamilton e chiudendo la gara in ottava piazza, mentre Button diventava effettivamente campione proprio in quell'occasione.

 

La carriera di Barrichello in Formula 1 si è conclusa con due stagioni in Williams, durante le quali ha avuto occasionali exploit, ma mai in Brasile. Nel 2010 ha addirittura visto il suo giovane compagno di squadra Nico Hulkenberg (che quando Barrichello debuttava in Formula 1 si iscriveva in prima elementare, come ci è stato lungamente raccontato) conquistare un'inattesa pole. Poi la gara è andata diversamente, ma Hulkenberg ha comunque ottenuto punti, Barrichello non ha avuto questo onore. L'ultima magrissima consolazione, se così si può chiamare, è avere concluso l'edizione del 2011, seppure nelle retrovie, davanti all'ex compagno di squadra Michael Schumacher! Diciannove stagioni in Formula 1, nessuna soddisfazione a casa propria, con migliore risultato un terzo posto in un'occasione in cui avrebbe potuto avere concrete speranze di vittoria. Chissà, forse il suo destino era fare qualcosa di straordinario come ottenere un punto al volante di una Caterham e riuscire in qualche modo a salvare il team, di lì a qualche anno.

 

Ebbene sì, a un certo punto, nel 2014, Barrichello ha anche tentato un rientro one-off per disputare il suo gran premio di casa per l'ultima volta al volante della Caterham in nette difficoltà economiche e sull'orlo del fallimento (ricevendo anche dure critiche da molti appassionati di motori per questo), ma questo tentativo non si è concretizzato. Anzi, in Brasile le monoposto verdi non c'erano neanche e non è scesa in pista nessuna Caterham. Molto probabilmente Rubens si è risparmiato l'ennesima delusione: non saprei, magari ritrovarsi miracolosamente in top-ten per qualche ragione e vederla sfumare a pochi metri dal traguardo, sarebbe stato molto in linea con il suo passato. Da quando ha lasciato la Formula 1 definitivamente, Rubinho ha gareggiato brevemente in Indycar e poi in Stock Car Brasil, dove corre tuttora. Ha vinto gare e perfino un campionato, tornando più di una volta a Interlagos. Mi piacerebbe dirvi che almeno in Stock Car ha raccolto soddisfazioni, invece no: a Sao Paulo non ha vinto nemmeno lì. Però non importa: è anche questa una delle ragioni per cui lo portiamo nel cuore.

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