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FERRARI, UN DIGIUNO CHE PESA

DI LAURA PIRAS

“Le ultime curve per Michael Schumacher inseguito vanamente da Mika Häkkinen. Il titolo mondiale non gli può sfuggire. L'ultima chicane, poi l'ultima prima del traguardo. Michael Schumacher ce l'ha fatta. Sì, Michael Schumacher, Campione del Mondo, riporta il titolo iridato a Maranello, 21 anni dopo Jody Scheckter. Campione del Mondo Michael Schumacher e la Ferrari. I colori dell'arcobaleno sulle insegne del cavallino rampante. Campione del Mondo, Michael Schumacher è Campione del Mondo”

Mazzoni.

 

8 ottobre 2000...era un giorno come tanti altri per la maggior parte degli abitanti del pianeta terra, era un giorno come tanti altri per chi non si interessa di Formula 1, era un giorno come tanti altri per chi non conosce la sofferenza di una vittoria che sfugge. 

Ma non era un giorno come tanti altri per i tifosi della Rossa di Maranello. 

Era un giorno di tensione, di ansia, di paura e di terrore perché la gloria era semplicemente ad un passo. 

Un passo che visto da fuori può sembrare semplice da compiere ma che dal punto di vista dei protagonisti può risultare tanto complicato quanto ostico. 

Il Gran Premio del Giappone divenne quel piccolo passetto che servì a Michael Schumacher per entrare nell'Olimpo dei più grandi. 

Kaiser Michael aveva già vinto due titoli mondiali, non con la Ferrari, ma con un'altra squadra, la Benetton. 

Era arrivato in Ferrari trascinando con sé i migliori del mondo e nonostante il talento, la fatica, l'impegno e la crescita costante quel passetto si rivelava sempre fatale. 

1996, 1997, 1998, 1999...passavano gli anni e la vittoria finale sfuggiva, cadeva dalle mani del pilota tedesco e della squadra italiana per trasferirsi su altri lidi. 

 

E crebbe il dissenso, le polemiche si fecero più aspre e le speranze si affievolirono. 

Ma Michael e il Cavallino Rampante non mollarono mai anzi ci dimostrarono, più e più volte, di aver fame, di volere più di ogni altra cosa giungere sul tetto del mondo e alzare le braccia al cielo urlando dalla gioia per avercela fatta finalmente. 

 

L'8 ottobre arrivò e portò con sé la liberazione di esser riusciti a raggiungere un'impresa meravigliosa dopo tanti sogni infranti. 

L'8 ottobre arrivò e portò con sé un dominio che non ci saremmo mai aspettati. 

La Ferrari e Schumacher conquistarono il mondo, più e più volte, con una forza pari all'armata napoleonica durante l'800. 

 

Ma il dominio terminò, il Re dovette abdicare in favore dei più giovani ma nonostante la battuta d'arresto, non priva di sofferenze e di momenti critici, il popolo ferrarista visse il momento con calma, serenità e una consapevolezza che la vetta sarebbe conquistata con estrema velocità, che il regno era a portata di mano, che il dominio poteva essere rinstaurato di nuovo. 

 

Ma, a parte la parentesi di un giovane pilota finlandese dagli occhi di ghiaccio, Kimi Raikkonen, nel 2007, la Ferrari perse completamente la bussola. 

Non si ritrovò più una direzione, non si ritrovò più una metodologia vincente e si perse lo smalto di un tempo. 

 

Arrivarono a Maranello i migliori: Massa, Alonso, Vettel, tornò anche Kimi, dopo una partentesi esterna. 

Ma ahimè le vittorie dei titoli mondiali non ne volevano sapere di tornare in quel di Maranello. 

E il tempo passò portando con sé le vittorie e i domini degli altri.

E il tempo passò trasportandoci ad un oggi ricco di dubbi e perplessità, soprattutto quando c'è, sportivamente parlando, un'Italia che, ovunque, vince e convince. 

 

Il tricolore viene sventolato sopra i podi di quasi tutti il mondo tranne che in Formula 1, dove sono altri vessilli a spiccare, a trionfare, a colorarsi di colori eterni. 

In questi ultimi anni abbiamo festeggiato innumerevoli successi in ogni sport, collezionando vittorie in ogni disciplina e riportando coppe e medaglie dopo digiuni duri e poco lusinghieri mentre in Formula 1 l'Italia rimane ancora a bocca asciutta. 

 

Ancora una volta a vincere sono gli altri, ancora una volta il mondiale non raggiunge Maranello, ancora una volta si inneggia al motto "E anche quest'anno si vince l'anno prossimo". 

 

E le atmosfere non sembrano dei migliori, le parole dei protagonisti sono ben chiare soprattutto quelle di Leclerc, da cui si percepisce, giustamente, una leggera frustrazione.

Il principe di Monaco manifesta calma ma in parte sbraita perché vorrebbe essere lui a riportare l'alloro glorioso, perché non vuole essere comparsa delle felicità altrui, perché sa che se avesse una squadra e una macchina all'altezza delle aspettative lui se la giocherebbe, almeno, sino l'ultima battuta. 

 

E invece deve attendere ed essere testimone delle disgrazie che lo circondando.. serbando nel cuore un desiderio che al momento sembra irrealizzabile. 

 

Che strana storia la vita sportiva in Formula 1: a Marzo la marea rossa si esaltava per le gesta del suo pupillo e per una vettura dannatamente veloce...e ora?

Ora gli sguardi e i pensieri di molti sono funerei, lo sgomento è alto, il malcontento dilaga per l'ennesima sconfitta con nella mente il leit motiv di tutta una stagione che ci ha detto essenzialmente che i conti si fanno sempre alla domenica. 

 

Perché è facile entusiasmarsi al sabato quando si lotta solo per il giro più veloce della qualifica, perché è giunto il momento di pensare alla complessità delle cose e perché forse si deve pensare che i punti si ottengono in gara. 

 

Quanti problemi hanno vessato la Ferrari: un'affidabilità misera che ci ha mostrato una macchina tanto potente (all'inizio) quanto fragile, strategie erronee sintomo di poca lucidità e di una visione della gara non troppo efficace, gestione dei giochi in campo fra i due piloti un po' troppo ambigui con un risultato chiaro e tondo: confusione e caos. 

 

La F1-75 sembrava essere nata sotto una buona stella ma nel proseguo del mondiale si è trasformata diventando una mangiatrice di gomme e una vettura non di primo livello. 

I miglioramenti ci sono e sono innegabili ma manca ancora molto prima di poter battagliare sino all'ultimo duello con gli avversari che sono spietati, cinici, lucidi e spietati. 

 

 

I digiuni sono fatti per essere spezzati, anche il presente ci insegna questa importante lezione, anzi è la Ducati che ci insegna che i risultati vengono se non si molla mai, se il duro lavoro è indirizzato nella giusta direzione, se il timone della nave è manovrato da mani forti e sapienti.  

 

La rinascita Ferrari ancora non è avvenuta, o meglio, ogni tanto la nostra fenice rossa prova a spiccare il volo ma le sue ali non hanno forza ... e il cielo diventa impraticabile e scenario di battiti di ali instabili e scattosi. 

Chissà quando rivedremo sventolare la bandiera più importante sopra la Mecca dei tifosi ferraristi...

Chissà quando l'Inno Italiano suonerà con più forza...

Chissà se a un certo punto la squadra avrà un nuovo Napoleone, pronto a conquistare il mondo e a trasformare l'esercito... 

 

Questo digiuno pesa, come non mai... è una zavorra che ha tramutato il cuore di molti in un luogo non più ameno ma un limbo di sofferenze da cui forse sarebbe meglio allontanarsi. 

Per gli stessi che soffrono la Ferrari è una religione mentre per gli altri è come se fosse una divinità dal volto sfigurato, è come una leggenda dai bordi sbiaditi...

 

Niente è più nitido, neanche il passato di un Simbolo di Eterna Gloria oramai offuscato da un presente incerto e infausto. 

 

 

 

 

 

 

 

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