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LA FORMULA 1 NON E' MORTA...O FORSE SI'?

DI MILLY SUNSHINE

Vettel contro Hamilton nel 2018
Vettel contro Hamilton nel 2018

 

In questi giorni, in vista del Gran Premio degli Stati Uniti a Austin, mi è capitato sotto gli occhi un tweet con una foto di qualche anno fa, un momento pre-gara che da qualche parte custodivo nella memoria, ma sepolto sotto una marea di altre cose. Non ci pensavo da una vita, a quella volta in cui Lewis Hamilton e Sebastian Vettel erano ancora in lotta per il titolo e, prima della gara al Circuit of the Americas, fu organizzata una sorta di cerimonia con tanto di cheerleader in cui i due vennero messi uno di fronte all'altro accanto a un trofeo.

 

Che tamarrata, quanto trash. Così la pensavo ai tempi, credendo che fosse il peggio a cui potevamo assistere. Non lo era. Non lo era per niente e mi piacerebbe tanto potere tornare indietro a quei vecchi tempi, quando non ci rendevamo conto di quanto eravamo fortunati, di quanto era ancora bello il campionato che amavamo.

 

Qualcuno diceva "la Formula 1 è morta", ma qualcuno l'ha sempre detto, da quando ricordo. Non si faceva altro che rimpiangere il passato, che screditare tutto, perché i bei tempi erano finiti e non c'era più la possibilità di avere ciò che si era perduto. Le consideravo chiacchiere senza fondamento, in qualunque epoca le sentissi. Le considero ancora chiacchiere senza fondamento: i piloti se ne vanno, le squadre anche, oppure smettono di essere vincenti, venendo soppiantate dalla concorrenza, ma la Formula 1 resta. Non importa che vincano Ferrari e McLaren, oppure che lo scontro sia tra Redbull e Brawn, oppure Mercedes quando questa ne prende il posto. Non importa che Michael Schumacher appartenga al passato, né che Fernando Alonso non abbia mai vinto il suo terzo titolo. La Formula 1 non muore così e non muore se Jenson Button vince le gare iniziali a ripetizione e poi amministra il proprio vantaggio per diventare campione del mondo.

 

La Formula 1 non morirà mai, me lo sono ripetuta per tanti anni e neanche ci pensavo, quella sera, mentre guardavo in TV quelle scene. Anzi, pensavo forse che era bello vedere ancora due piloti di due team diversi lottare per il titolo, anche se i giochi ormai stavano per chiudersi ed era chiaro che non ci sarebbe stato alcuno scontro per il titolo che perdurasse fino all'ultima gara. Però ai tempi era un bel pensiero, quello di vedere una lotta per il titolo, l'ultima volta in cui c'è stata una vera lotta per il titolo che andasse come doveva andare, che non venisse utilizzata per aizzare il fanbase, che non venisse utilizzata ad arte per rendere la Formula 1 più polemica e movimentata, cercando di abbattere forse in maniera definitiva la possibilità di intravedere nel presente la Formula 1 di un tempo. Non perché non ci fossero polemiche anche in passato, questo no, e anche i finali controversi non mancano. Eppure qualcosa è cambiato.

 

Un tempo le polemiche ruotavano intorno alle gare, adesso sembra che le gare ruotino intorno alle polemiche. Ce ne sono talmente tante che quasi perdono il loro spessore e mentre mi ritrovo a ricordare perfettamente cosa accadeva magari in un gran premio qualsiasi di quindici anni fa, potrei avere difficoltà a fare mente locale se qualcuno mi chiedesse chi ha vinto uno specifico gran premio l'anno scorso. Ce ne sono talmente tante che perdono il loro spessore, perché intendevo le gare.

 

Però, obiettivamente, ce ne sono talmente tante da perdere di spessore anche di polemiche, in un fanbase che ingigantisce polemiche con la complicità dei media, oppure che addirittura se le inventa di sana pianta. Certo, il mondo cambia ed è lecito aspettarsi che cambi anche la Formula 1. Però la seguo da qualcosa come una trentina d'anni e ho visto nel corso degli anni anche moltissimi gran premi degli anni '70 e '80, il cambiamento non mi spaventa.

 

Forse è stato ricominciare, negli ultimi anni, ad approfondire il passato, spingendomi sempre più indietro, che mi sta portando a trarre conclusioni che non avevano mai sfiorata. I mutamenti e l'evoluzione sono assolutamente normali, così come è normale rimanere ancorati a un passato che amavamo e che secondo i nostri standard nessuno riesce a riportare in vita. Però ecco che, sempre più spesso e sempre più all'improvviso, ecco che il cambiamento e l'evoluzione hanno iniziato a non andare più lisci come un tempo. Si è iniziata a fare una confusione enorme, un mix tra il volere far rivivere a tutti i costi il passato e un volere strizzare un occhio a un futuro totalmente diverso, un'insistenza sempre maggiore a volere ascoltare le richieste dei fan - di quei fan che fanno rumore e al quale viene chiesto se una maggiore quantità di incidenti spettacolari potrebbero spingerli a provare maggiore interesse per la Formula 1.

 

Continuo a non essere d'accordo con chi tante volte ha affermato "la Formula 1 è morta" o addirittura "la Formula 1 è morta il tal giorno alla tale ora", magari citando semplicemente il ritiro dalle competizioni del suo idolo o una manovra controversa o una penalità con cui non concorda. Non sono d'accordo, ma inizio a comprenderne lo stato d'animo, adesso che io stessa inizio a non riconoscermi più nella Formula 1 di oggi, quando magari per assurdo riesco a riconoscermi nella Formula 1 di un'epoca in cui i miei genitori non programmavano nemmeno la mia esistenza. Non penso che quella per me è e rimarrà un'istituzione sia morta, ma inizio a vedere momenti specifici della sua storia recente come punti di non ritorno. Ci stavo riflettendo domenica pomeriggio, una settimana prima di Austin, quel bel circuito che doveva far nascere la passione degli americani per la Formula 1 in un'epoca in cui ci appariva come un bel concetto.

 

Ci stavo riflettendo, chiedendomi quale sia per me il punto di non ritorno, quello che in un primo momento mi sembrava un istante come tanti, ma che poi non mi toglierò mai dalla testa. Credo sia stato a Jeddah. Non per il circuito dal layout molto discutibile e nemmeno per missili o diritti umani, problematiche di grande importanza ma che vanno ben oltre il mero aspetto delle competizioni. Il mio punto di non ritorno è stata "Pump up the jam" dei Technotronic, la canzone che più o meno quindici anni fa, quando andavo in discoteca, veniva utilizzata come sigla della breve parentesi dedicata ai balli di gruppo. A Jeddah, durante le qualifiche, risuonava ad alto volume mentre la sessione era sospesa e l'ultima azione vista in pista riguardava una monoposto che si spezzava in due parti. Sulle tribune, la gente ballava. Sono abituata a vedere incidenti che possono spaventare anche quando l'outcome non è negativo. A gente che balla no.

 

Una ventina d'anni fa Niki Lauda disse che anche una scimmia ammaestrata avrebbe potuto guidare una Formula 1. Chiaramente era una sparata (e lui stesso quando provò a guidarne una finì subito in testacoda), ma le scimmie ammaestrate, forse, esistono davvero e ce le abbiamo intorno. Le scimmie ammaestrate sono il fanbase di oggi, gente che si comporta secondo precisi schemi: gli ubriaconi che si muovono in branco, i ragazzini con i big money che vanno sui circuiti per incontrare i vip, la gente che si finge malata terminale per ricevere gadget dai team e scroccare soldi ad altri tifosi, le tifoserie che litigano sui social per i motivi più disparati, la gente che dibatte delle persone con cui i piloti dovrebbero o non dovrebbero fidanzarsi. La gente che ballava a Jeddah non ha cambiato la Formula 1, ma ha cambiato il mio modo di vederla. Un tempo "show must go on" non significava che qualsiasi cosa andasse bene per fare spettacolo, ora sì.

 

L'inseguire continuamente e con ogni mezzo lo spettacolo dentro lo spettacolo sta facendo venire meno l'essenza stessa dello spettacolo. Il cercare con insistenza i duelli e i sorpassi a ogni costo sta facendo venire meno la bellezza stessa di duelli e sorpassi. Il volere far nascere polemiche a ogni costo, tra piloti o tra squadre, sta trasformando la Formula 1 in una continua caciara. Volere far finire un mondiale a tutti i costi all'ultimo giro ha distrutto la bellezza di un mondiale che termina all'ultimo giro, ma riuscire a generare confusione anche quando un mondiale viene assegnato con quattro gran premi d'anticipo è per certi versi perfino più inquietante. Viene quasi da pensare che la Formula 1 di oggi sarebbe in grado di affrontare con decenza solo un mondiale praticamente dominato da un solo team, dove per dominato si intende la capacità di vincere ciascuna gara, eccetto doppi ritiri o incidenti.

 

Volere livellare le prestazioni per avere più contendenti al titolo e non riuscirci, può essere umano. Ciò che non lo è, è quello che verosimilmente potrebbe succedere in un simile scenario. Nulla sembra più umano, ormai, tutto sembra solo un brutto tentativo di imitazione di un passato sempre più vago e astratto che non sembra più necessario raccontare e ricordare. Ed è allora che viene spontaneo chiederselo: se il passato della Formula 1 fa così schifo come qualcuno dice, perché rovinarne necessariamente il presente con la scusa che bisogna "tornare" a rendere i campionati interessanti? I controsensi sintentizzano ormai l'essenza della Formula 1 stessa e non solo del suo fanbase. Il punto di non ritorno, ormai, penso sia già stato oltrepassato da tempo e, in fondo, un po' li invidio quelli de "la Formula 1 è morta da quando il mio idolo ha smesso di correre", ammiro la loro visione innocente del mondo, il loro pensare che non potesse accadere nulla di peggio.

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