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ALBERTO ASCARI: IL RICORDO

DI LAURA PIRAS

Alberto Ascari, un grande in un'epoca fatta di coraggio, di fegato e di stomaci forti, è  a tutti gli effetti uno dei piloti più significativi e importanti nella storia del Cavallino Rampante e del nostro paese.

Alberto è un simbolo incredibile del nostro bene amato tricolore, un personaggio che ciclicamente dovrebbe essere ricordato nelle nostre narrazioni non solo per le grandi imprese che fece ma perché è, attualmente, l’unico pilota italiano ad aver raggiunto la massima consacrazione mondiale in Formula 1. 

Ebbene sì, la storia della Formula 1 si intreccia magicamente con la nostra nazione ma lo fa in un modo del tutto singolare. Subito campioni con Alfa Romeo e Ferrari, subito campioni con Alberto Ascari ma poi sul lato piloti avvenne una battuta d'arresto quasi inspiegabile.

Chissà se nel nostro futuro ci sarà un pilota italiano in Formula 1 e chissà se quel pilota raggiungerà traguardi importanti. 

Ascari come pilota fu fortissimo e si distinse per un talento cristallino, e, considerando il numero basso di gran premi che allora si effettuavano all’epoca, vinse parecchio.

In cinque stagioni ottenne 13 vittorie e salì sul podio la bellezza di 17 volte.

Un numero incredibile per i piloti dell’epoca.

Come pilota era davvero completo e aveva uno stile di guida molto pulito e preciso, Alberto non strapazzava la sua vettura, anzi la trattava con dolcezza, prevenendo spesso molte noie meccaniche.

In gara aveva una strategia ben chiara, imprimeva subito un ritmo decisamente inarrestabile alla competizione e, nei primi giri cercava di accumulare un discreto vantaggio da amministrare nella seconda parte di gara. Per questa caratteristica era temuto da molti, soprattutto da Juan Manuel Fangio. 

Come uomo Alberto aveva un carattere molto deciso e lucido: volontà di ferro, concentrazione elevata, sapeva decisamente ciò che doveva fare, era molto pignolo e preciso ed era uno dei pochi che curava la forma fisica.

Aveva capito, prima di altri, quanto un fisico forte potesse rappresentare un valore aggiunto alla gestione sia di una singola gara che di un intero campionato del mondo.

Amava moltissimo la famiglia ma secondo Enzo Ferrari non era un padre come tutti, anzi aveva un mondo molto particolare per gestire il rapporto con la prole.

“Una volta gli chiesi la ragione per cui si dimostrava tanto severo con i suoi figlioli, ben sapendo quanto li amasse. Ogni volta che rientro da una corsa, porto tutto quello che penso possa farli contenti, in genere cerco di soddisfarli in tutti i loro desideri, i loro bisogni, anche i loro capricci; ma quanto a me, preferisco trattarli con durezza: non voglio che mi amino troppo. Un giorno o l’altro potrei andarmene. Soffriranno di meno, se non me li sarò lasciati venire troppo vicini” (Dialogo fra Enzo Ferrari e Alberto Ascari)

Una nota curiosa di Ascari era che era un grande superstizioso, detestava i numeri 13 e 17 e se, putacaso un gatto nero attraversava la strada erano dolori, prima si fermava e aspettava che qualcuno lo sopravanzasse. Oltretutto era una persona molto diffidente, talmente tanto che provvedeva lui stesso alla cura del suo casco e del suo abbigliamento verso cui aveva un'attenzione quasi maniacale.

Ascari, nato a Milano il 13 luglio del 1918,  ha imparato ad amare le corse già da piccolissimo. Il padre Antonio era uno dei più forti corridori del tempo e per il piccolo Alberto non era solo un padre ma soprattutto un eroe da emulare.

Antonio però morì molto presto, il 26 luglio 1925, durante il Gran premio di Francia a Monthlèry. Per Alberto la morte del padre coincise con una rivoluzione della sua vita, di lì a poco, infatti, venne mandato in collegio.

Sin dalla tenera età di 11 anni l'amore per i motori bussò alla sua porta ma non con le auto ma bensì con le moto, con cui cominciò a gareggiare. Questo percorso, caratterizzato da molte vittorie, fra cui il Gran Premio del Lario, durò sino al 1940, anno in cui venne la migrazione verso il mondo delle 4 ruote. 

Alberto Ascari esordì, in coppia con Giovanni Minozzi, alla Mille Miglia su un tracciato modificato in virtù della guerra, a bordo di una Auto Avio Costruzioni 815 fornita da Enzo Ferrari.

Il 10 giugno dello stesso anno avvenne la sua partecipazione anche alla Targa Florio. La sua carriera sembra lanciatissima ma venne la guerra a fermarla. 

Tutto si interruppe in modo davvero brusco e il Alberto fu costretto a reinventarsi e si mise ad aggiustare veicoli militari insieme a Villoresi, altro grande pilota dell’epoca. I due si conobbero in una circostanza davvero particolare: Villoresi decise di mettere in vendita la sua Maserati 2300, Alberto la controllò e su di essa trovò alcuni difetti.

Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1946, fu Villoresi a procacciare ad Alberto un contratto con la Maserati mentre l’anno successivo Piero Taruffi, pilota sia automobilistico che motociclistico e progettista italiano, persuase Piero Dusio a consegnare una delle sue vetture della Cisitalia ad Ascari, che arrivò secondo al Gran Premio d’Egitto.

Come vedete Ascari strette davvero un grande rapporto di collaborazione e di amicizia con Villoresi che continuò nel tempo. I due insieme comprarono una Maserati con cui parteciparono a varie gare.

Vedendo la bravura di Ascari la Casa del Tridente concluse che Ascari doveva guidare una vettura ufficiale. A bordo di una Maserati partecipò ad una gara istituita sul circuito di Modena. Alberto vinse ma questo momento di gloria fu rovinata dalla morte di Giovanni Bracco, che, a causa di un bruttissimo incidente, piombò sulla folla.

Ascari successivamente ebbe una piccola parentesi in Alfa Romeo ma il richiamo della Ferrari divenne sempre più forte. Alberto divenne pilota del Cavallino Rampante nel 1949, e si avvicinò a Ferrari, proprio colui che 9 anni prima gli aveva fornito una sua vettura. 

L’avventura in rosso di Ascari cominciò al volante di una 166 F2 con la quale vinse molte gare, ma quella più speciale fu la vittoria ottenuta a Monza, stesso circuito dove trionfò il padre Antonio25 anni prima. Che meravigliosa coincidenza e gioco del destino, padre e figlio vittoriosi sulla stessa pista. 

L’anno successivo per il pilota italiano giunsero 10 vittorie tra le quali al Nurburgring, considerato da tutti in passato come l'inferno verde, e Silverstone, pista storica che anche oggi è teatro di vicende emozionanti. Alberto ebbe purtroppo poca fortuna nella  Mille Miglia. In F1 ottenne un secondo posto a Monaco e Monza in una stagione dominata dall’Alfa Romeo.

Il 1951 si rivela un anno più proficuo per la Ferrari in Formula 1, la 375 di Ascari riuscì in diverse occasione ad impensierire l’Alfa Romeo riuscendo a vincere al Nurburgring e poi in Italia, davanti al proprio pubblico.

Ascari ebbe in Inghilterra una grandissima delusione poiché si ritirò, mentre il compagno di squadra Froilan Gonzalez portava la prima vittoria alla Ferrari.

Come prestazioni la Ferrari è oramai vicina all’Alfa Romeo e superò la sua rivale non in classifica ma come squadra più performante nell'ultima parte del mondiale.

Nel 1952  l’Alfa si ritira dalle competizioni e i regolamenti subiscono delle variazioni, fra le quali c’è una novità importantissima, ovvero quella di  far partecipare alla F1 anche le monoposto di F2, fra le quali spicca la Ferrari 500 F2.

E’ il 7 settembre 1952, il giorno tanto atteso per Enzo Ferrari, il giorno in cui Alberto Ascari fu incoronato campione del Mondo sul circuito di Monza. Fu proprio Alberto a portare il primo titolo iridato a Maranello. Tale vittoria venne agguantata dopo un anno di dominio incontrastato: cinque pole position, sei giri veloci e sei vittorie per il pilota milanese , tutto ottenuto in 8 gare. Davvero un’avanzata invincibile per la corazzata italiana nel 1952.

Oltre il campionato del mondo la squadra di Modena vince anche alla Mille Miglia.  

Un anno assolutamente perfetto per la Ferrari e per Ascari macchiato solamente dalla disfatta della 500 Miglia di Indianapolis, dove, causa ritiro per un problema ad una ruota, il pilota milanese non riuscì a terminare la gara. 

Il 1953 per il duo italiano si conferma come un'annata trionfante! Bis sempre all'insegna della forza assoluta! Di 9 gare la Ferrari ne vince 7, cinque delle quali ancora con Ascari che si conferma campione del mondo, sempre a bordo di una 500 F2.

Gli anni successivi non furono così rosei per la Rossa di Maranello e il pilota italiano. Una nuova squadra vede affermarsi, la Mercedes con Juan Manuel Fangio che si impone su tutta la concorrenza. La squadra tedesca però si ritirerà nel 1955 dopo la strage di Le Mans 1955, quando una propria vettura volando sul pubblico ucciderà 80 persone. La Ferrari vinse a Monaco, con Maurice Trintignant, dopo che le Mercedes si erano ritirate. Sarà proprio a Monaco che Ascari finì nelle acque del porto.

Alberto uscì dall'incidente solo con una frattura del setto nasale. Non seguì i consigli dei medici di riposare e partecipò subito ad un test privato, a Monza, in cui la Ferrari aveva intenzione di provare la 3 litri Sport.

Come afferma il Drake, Alberto aveva fretta di tornare a correre perché dopo un incidente, bisogna subito rimettersi al volante "per evitare di pensarci sopra e di crearsi un’inibizione". 

Aveva talmente tanta foga di rientrare subito in scena che si calò nell'abitacolo della sua vettura senza indossare il casco e al secondo giro trovò la morte. Per alcuni Alberto morì perché aveva avuto un malore, per altri invece morì poiché un manovale aveva attraversato la pista proprio nel momento in cui era presente il pilota italiano, effettivamente era l’ora di pausa e non erano previste attività.

Si racconta che il manovale avesse addirittura confessato tutto ad un sacerdote ma prove certe non sono stata mai trovate di questo confronto al confessionale.

La vettura non aveva segni di frenata violenta, e, dopo un’attenta indagine, voluta anche e soprattutto da Ferrari, trovarono che la macchina era in condizione perfette, da quel punto di vista.

Il 26 maggio 1955 ci lasciò davvero un grande pilota che amava le corse talmente tanto da non poterne fare a meno, talmente tanto da trovarne la morte. 

«Io obbedisco soltanto a una passione. Le corse. Senza non saprei vivere.»( Alberto Ascari

 

 Enzo Ferrari su Alberto Ascari nel libro Le mie gioie Terribili

 

Il pilota Alberto Ascari aveva uno stile preciso e deciso, ma era l’uomo che aveva bisogno di partire in testa. Ascari in testa era difficilmente superabile: oserei dire ch’era impossibile superarlo…relegato in seconda posizione o più indietro, non era il combattente che io avrei desiderato di vedere in certe occasioni. Non perché disarmasse, ma perché quando doveva inseguire e doveva superare l’antagonista evidentemente soffriva non di un complesso d’inferiorità ma di un nervosismo che non gli consentiva di esprimere la sua classe. Per Ascari valeva proprio l’opposto della norma: di solito infatti il pilota che si trova in prima posizione è preoccupato di mantenerla, si può distrarre nel controllare la situazione dietro a lui, studia il proprio passo, è spesso incerto se spingere o no; Alberto invece si sentiva sicuro proprio quando faceva la lepre; in quei momenti il suo stile diventava superbo, e la sua macchina imprendibile.

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Commenti: 2
  • #1

    Daniele (mercoledì, 13 luglio 2022 17:47)

    Invece di quella lì a Race Anatomy ma non potevi esserci te?
    Sei brava, competente, hai una bella energia e secondo me sei una delle persone più competenti su Twitter. Non é facile scrivere articoli del genere per poi passare a preview tecniche, alle pagelle e articoli di opinione.
    Sai scrivere di ogni cosa e se molli ti picchio.
    Sfido a trovarne di scrittrici eclettiche come te.
    Sei una forza ragazza mia.
    Complimenti!!!

  • #2

    Walter Bosco (venerdì, 09 settembre 2022 14:42)

    Brava, ma ricordati che oltre ad Ascari l'Italia ha avuto un altro campione del mondo in F1, si chiamava Nino Farina e guidava un'Alfa Romeo... (1950)