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APPASSIONATI VINTAGE: IL PEGGIO DI NOI PER GENERARE NUOVI FAN

DI MILLY SUNSHINE

Forse un giorno qualcuno ci chiederà com'era seguire la Formula 1 una volta, quando non c'erano canali televisivi che trasmettevano motorsport 24/7, ma la TV di Stato che trasmetteva le gare in diretta. Ci chiederà come si stava quando non si seguiva ogni singola sessione di prove libere in diretta, ma non si sentiva l'esigenza di essere esposti a qualsiasi momento in cui le vetture scendevano in pista. Ci chiederà come si stava quando si poteva guardare una gara senza scegliere se alleggerirsi di molto il portafoglio, sperare che uno streaming non ufficiale girato di novanta gradi riesca a eludere il copyright su Youtube ancora per un po', oppure attendere ore per vedere una gara in differita. Ci chiederà come funzionavano le cose una volta... oppure non lo farà: tutto ciò che non sta al passo con i tempi è un male da depennare e forse noi stessi siamo un male da depennare.

 

Noi, che come tante altre generazioni siamo stati abituati a una Formula 1 che entrava nella nostra vita solo di sfuggita ma che comunque aveva il potere di emozionarci e di cambiarcela, la vita, non possiamo capire quanto siamo sbagliati. Non siamo stati sommersi dalla vita dei piloti 24/7, dalle dichiarazioni dei piloti nelle conferenze stampa pre-weekend 24/7, non abbiamo scandagliato la vita privata dei piloti per scoprire se magari avessero urinato contro un albero una volta nel 1997, né parlato di quanto il nostro idolo fosse la persona migliore del mondo perché una volta nel 1985 aveva aiutato una signora anziana ad attraversare la strada venendo ripreso da un'orda di fan che lo inseguivano. Magari non abbiamo saltato la scuola né saltiamo il lavoro per guardare la prima sessione di prove libere, se il nostro lavoro non consiste nello scrivere articoli sulle sessioni di prove libere.

 

Non abbiamo mai nemmeno cercato un modo per contattare Corinna Schumacher e metterle sotto gli occhi un importantissimo messaggio: "quello che hai fatto è inaccettabile, non ti rendevi conto della fortuna che avevi nell'essere fidanzata con Frentzen", né abbiamo potuto convincerla a tornare sui suoi passi minacciando di traumatizzarla mandandole foto scattate all'interno di una macelleria specializzata in carne equina, né fatto nessuna delle cose che sembrano tanto normali a quel tipo di fan su cui si sta investendo tanto, negli ultimi tempi. Siamo perfino andati avanti cercando articoli di giornale sulla Formula 1 per passarci il tempo tra un gran premio e l'altro, invece che guardare un gran premio per passarci il tempo tra una puntata e l'altra di una serie TV incentrata sul motorsport.

 

Siamo così datati, così vecchi da sapere perfino chi fosse Juan Manuel Fangio nonostante non abbia mai fatto parte della nostra epoca. E ci spacciamo per colti, quando in realtà molti di noi non lo sono.

Ed è vero. Molti tifosi hanno una cultura da bar, quel tipo di cultura che consiste nello sminuire a prescindere i risultati degli avversari, nel vivere in un mondo ideale in cui il proprio pilota preferito o il proprio team del cuore hanno vinto per merito e tutti gli altri a caso, per fortuna o rubando. Non siamo una generazione perfetta, per niente, ma appunto sulle nostre imperfezioni si è lavorato: si è preso il nostro tifoso medio, lo si è reso ancora più stereotipato e più infantile e si è detto "abbiamo di fronte il fan ideale, dobbiamo moltiplicarlo il più possibile e fare in modo che prenda il sopravvento su quelli che sono venuti prima, dobbiamo convincerli che loro sono il bene assoluto e che gli altri sono il male". La nostra genuina ignoranza è stata presa come modello, è stata rielaborata e si è fatto un grande lavoro per convincere che sia quello il massimo a cui chi si appassiona di Formula 1 dovrebbe ambire. Idea rielaborata, o forse rielaborazione naturale.

 

La nuova generazione di fan è davvero così tanto peggio della nostra per una volontà precisa di renderla tale, o semplicemente, essendo abituata a stalkerare i piloti per scoprire quante volte vanno in bagno al giorno e se qualcuno di loro usa il bidet, la nuova generazione ha la pessima abitudine di prendere molto più di noi tutto come se fosse una faccenda che la riguarda in prima persona? Potrebbe essere questo che, combinato a una mancanza di cultura generale sul motorsport e all'esposizione a media che cavalcano più l'onda dello scalpore che la realtà dei fatti, ha portato verso una deriva da cui giorno dopo giorno sembra sempre più difficile tornare indietro. Tutto quello che conta sembrano gli ascolti e le view, con i contenuti che appaiono come qualcosa di sempre più marginale. In fondo basta non avere vie di mezzo: deve esserci chi ne è fan accanito e chi pensa di avere assistito al peggio del peggio.

La nuova generazione di fan è fatta solo di contrasti, dopo essere stata esposta a contrasti di ogni tipo. In Formula 1 ci sono i team di santi e i team di criminali. Poi ci sono i pluricampioni del mondo che hanno meritato i risultati e tutti gli altri piloti sono scarsi. Poi bisogna tifare solo per chi ha vinto almeno dieci titoli o per chi ha vinto il primo titolo prima dei vent'anni.

 

Tutti quelli che non sono i propri idoli meritano di essere insultati e criticati e più li si riesce a raggiungere da vicino e meglio è. I loro tifosi vanno demonizzati e tutto quello che conta è affermare la perfezione dei propri idoli. Ed è naturalmente raccomandabile che ogni polemica duri all'infinito, anche se i diretti interessati vi hanno messo fine molto tempo fa: giustamente non tocca ad esempio a Vettel e Hamilton decidere se la famosa ruotata di Baku sia ancora rilevante per loro oppure no, ma ai loro tifosi, meglio ancora se divenuti tali dopo il 2017.

 

Con queste premesse sembra ormai chiaro che nessuno ci chiederà mai come fosse seguire la Formula 1 prima e amarla con tutte le nostre forze anche se ci comportavamo da tifosi o da appassionati e non da "stans", in cui amavamo un pilota perché amavamo una categoria motoristica invece di seguire per caso una categoria motoristica solo perché ci sono piloti che ci sembrano interessanti come gli influencer. Non ce lo chiederanno, ma teniamoci comunque la risposta pronta: forse un giorno spiegheremo loro che non venivamo sommersi da contenuti 24/7, ma che era l'amore per ciò che ci piaceva a sommergerci dal profondo dell'anima, anche nei momenti più improbabili - e non è finita, per molti di noi continuerà sempre a funzionare così e in fondo al cuore continueremo a sperare che nulla sia davvero perduto, perché in ogni generazione di fan possono esserci quelli come noi, basta solo scoprirli, invece di creare fan ad arte esponendoli a una visione distorta del motorsport.

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