UN PENSIERO SU DRIVE TO SURVIVE

DI MARCO TERRAGNI

Il 19 marzo è uscita la nuova stagione della popolare serie tv Drive to Survive, prodotta da Netflix in collaborazione con Formula 1.

Giunta ormai alla terza stagione, la serie si ripromette di seguire il dietro le quinte del mondo delle squadre di Formula 1, per mostrarne gli elementi nascosti non visibili in televisione e approfondire i rapporti tra i piloti, con il team, con le altre scuderia e con lo sport in generale.

Partita nel 2018 senza la partecipazione dei team Ferrari e Mercedes (che si giustificarono commentando che erano troppo impegnate nella lotta mondiale) questo ha però permesso ai produttori di concentrarsi sui team più piccoli, che diventano il cuore del racconto ricevendo tutte una grande attenzione anche se maggiore spazio viene dato alla lotta per il 4° posto tra Haas e Renault e al team Red Bull, unico top team presente nella serie. Protagonista assoluto della stagione inaugurale sono Haas con il team Principal Gunther Steiner che diviene uno dei volti principali dello show per le sue reazioni ai problemi occorsi al team e ai piloti.

La serie riscuote un grandissimo successo di pubblico e sui social. Con il 2019 sono presenti tutte e 10 le scuderie del circus, ma il focus della serie si concentra soprattutto sul mondo Red Bull mentre interi team come Alfa, Racing Point o piloti come Kvyat vengono totalmente ignorati dalle telecamere. Le singole puntate sono quasi sempre dedicate ad un singolo team, che viene seguito totalmente in un singolo weekend di gara (ad esempio Mercedes in Germania). Rispetto alla prima stagione, la seconda stagione accende qualche mugugno tra gli appassionati.

La serie viene criticata per aver deformato alcuni avvenimenti (famoso il racconto del sorpasso di Verstappen a Vettel in Australia, avvenuto al giro 31 nella realtà ma nella serie annunciato come sorpasso all'ultimo giro) o per i frequenti errori di montaggio, con immagini prese da circuito diversi e mal inseriti o avvenimenti non messi nel giusto ordine cronologico. Ma soprattutto gli viene contestata l'eccessiva ricerca del dramma e della lotta tra team e scuderia, spesso creando situazioni mai avvenute nella realtà.

La terza stagione partiva con l'obbiettivo di migliorare queste mancanze ed è in parte riuscita. Composta da 10 puntate, le prime due e le ultime due raccontano rispettivamente dei test/problemi COVID e degli ultimi due appuntamenti in Bahrein e Abu Dhabi. Le restanti 8 puntate concentrano il proprio focus sul singolo team protagonista della puntata senza seguire però il normale incedere del calendario, con addirittura alcuni appuntamenti non  filmati (Ungheria,Turchia ed Imola) per esigenze di trama. Come la stagione precedente, il centro del racconto sono le scuderie, i loro rapporti interni e le rivalità con sempre sullo sfondo le problematiche riguardanti il COVID.

Particolare attenzione in più puntate viene dato al team Racing Point e la polemica sulla RP20 che coinvolge anche la lotta per il 3° posto nei costruttori con Mclaren e Renault; ma ampio spazio ha anche Red Bull e la vicenda del secondo pilota, in continuità con la seconda stagione. Hanno invece le proprie puntate totalmente dedicate Ferrari,Mercedes, Haas mentre grave assente risulta la Williams (che se ne lamenterà nei giorni successivi l'uscita). I problemi di montaggio sono stati in parte risolti, anche se rimangono ancora errori, alcuni ravvisabili sono da un esperto di Formula 1 altri molto più gravi - ad esempio un commento furioso attribuita a Vettel nel Gp della Stiria, in realtà però pronunciato durante il Gran Premio del Brasile.

Ma la serie Netflix deve scontrarsi con un problema più grave degli errori di regia o di scrittura.

Infatti quest'opera è stata spesso al centro delle critiche degli appassionati di Formula 1, accusata di essere un prodotto poco profondo, poco interessato ai fatti della pista ed invece concentrato sull'obiettivo di creare dramma e falso spettacolo, anche forzando le situazioni.

(Un classico errore di montaggio. Questa immagine compare nel finale della prima puntata e vuole raccontare il ritorno in pista in Austria, ma l’immagine è stata girata nel Regno Unito e lo si capisce dal fatto che sulla TV dietro si vedono immagini del Gran Premio di Silverstone).

Ma si commetterebbe un errore.

Troppo spesso si dimentica che cosa sia Drive To Survive e l'obbiettivo che si prefigge.

Bisogna ricordare che Drive to Survive non nasce come un documentario nel significato proprio del termine cioè, secondo l'enciclopedia Treccani "un film, di qualsiasi lunghezza, girato senza esplicite finalità di finzione, e perciò, in generale, senza una sceneggiatura che pianifichi le riprese, ma anzi con disponibilità verso gli accadimenti, e senza attori(...)Alla base del d. c'è un rapporto ontologico con la realtà filmata, che si pretende restituita sullo schermo come si è manifestata davanti alla macchina da presa, senza mediazioni. Il film è il documento di tale realtà, la prova che le cose si sono svolte come risultano proiettate”; uno stile che era usato nei documentari prodotti fino a pochi anni fa da Formula 1, che avevano lo scopo di raccontare cronologicamente la stagione appena conclusa con classifiche e commenti di ogni corsa come nei classici documentari ufficiali sulla stagione. Netflix invece vuole puntare su una narrazione modulare, concentrandosi sui rapporti all'interno dei team che sono i veri protagonisti delle puntate, mentre gli avvenimenti generali sono lasciati sullo sfondo o rimossi del tutto.

Raramente vengono citate vincitori o classifiche della gare o del campionato, non essendo il focus del prodotto.

Collegato a questa considerazione vi è l'accusa di poca affidabilità agli avvenimenti reali. Come detto precedentemente, la serie non si pone l'obbiettivo di ricostruire la stagione e perciò non è un documentario ma è una vera e propria serie tv, uno show con tanto di sceneggiatura e colpi di scena. Il format a puntate va in questa direzione e per ricercare costantemente l'attenzione dello spettatore ed evitare la noia si ricorre ad esagerazioni e falsi colpi di scena. Tutto è costruito per creare attenzione e questo agli appassionati di Formula 1 trasmette solo un senso di falsità ma e tutto fatto di modo di garantire divertimento e possibilità di parlare di sé.

Ma qual è il target che si prefigura di attrarre questa serie?

La F1 ha visto negli ultimi anni un calo di interesse verso lo sport e soprattutto fatica ad attrarre nuovi spettatori e a mantenere quelli attuali. A causa di ciò, è interesse primario di Liberty Media cercare nuovo pubblico, soprattutto giovane o giovanissimo che possa rinforzare gli spettatori e gli acquirenti al mondo della F1, categoria che era invece poco interessante per Ecclestone (e da qui anche le difficoltà con i nuovi social media).

La scelta di appoggiarsi a Netflix per pubblicizzare la Formula 1 è strategica per LM, essendo la casa fondata da Reed Hastings uno dei leader del sempre più importante settore dell'on demand online e molto popolare in modo particolare ai giovani. Per attrarre questi ultimi si è deciso di puntare su di loro il prodotto e per avvicinarli si è deciso un tipo di comunicazione sopra le righe e fortemente spettacolare, anche pubblicizzando una falsa immagine dello sport per renderlo estremamente spettacolare e drammatico allo scopo di introdurli al mondo dei motori e così fidelizzarli. Poco importa che si facciano un idea sbagliata della F1, l'importante è ricercare gli spettatori di domani che possano un giorno rimpolpare  il vecchio nerbo di appassionati.

E da un certo punto di vista la dirigenza della F1 sta ottenendo dei risultati, con moltissimo ragazzi che si sono avvicinati grazie a Netflix, ravvisabile anche dal sempre maggiore interesse per la Formula 1 sui social.

Ma è la strada giusta da seguire?

Puntare sulle serie tv per avere uno spettacolo artificiale che spesso manca in pista?

Ai posteri la sentenza.

A conclusione di questi ragionamenti, ritengo eccessive le critiche che riceve la serie. È un puro prodotto di intrattenimento, che non è rivolto ai fan di vecchia data della Formula 1 ma solo una grandiosa opera di pubblicità.

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