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LA STORIA DELLA RED BULL RACING

DI NICOLA SIGISMONDI


Sono passate poche ore dal lancio della 17° monoposto realizzata a Milton Keynes, la RB16B, affidata nelle mani del giovane-“vecchio” Max Verstappen, che cercherà di spezzare l’egemonia della Mercedes, e del suo nuovo compagno di squadra, il messicano Sergio Perez, andiamo a ripercorrere la storia scritta fin qui, in F1 dalla scuderia anglo-austriaca.

LA NASCITA ED I PRIMI ANNI

Correva l’anno 2004 quando la Ford vendeva la Jaguar (con sede a Milton Keynes), che fin lì aveva ottenuto scarsissimi risultati in F1, a Dietrich Mateschitz patron della Red Bull, multinazionale austriaca di bevande energetiche, per la cifra simbolica di 1 dollaro.

Per l’anno di debutto (2005) nella massima formula a 4 ruote dei “bibitari”, l’ex dirigenza Jaguar venne smantellata e sostituita con il nuovo direttore Christian Horner affiancato dal nuovo direttore tecnico Gunther Steiner, attuale TP Haas. Per quella stagione il motore usato fu il V10 Cosworth, ereditato dalla Jaguar. Al volante sedettero l’esperto pilota scozzese Coulthard, che sostituì l’australiano Mark Webber, ed il confermato Christian Klien, forte della sponsorizzazione RB, al quale si aggiunse l’italiano Vitantonio Liuzzi, il quale disputò 4 gare, riuscendo ad ottenere solo 1 punto all’esordio assoluto ad Imola. Alla fine della prima stagione, costellata da diversi piazzamenti a punti e pochi ritiri, la neonata Red Bull collezionò ben 34 punti ottenendo la 7° piazza nel mondiale costruttori.

Nel 2006 il colpo più importante fu mettere sotto contratto uno dei progettisti più in voga del momento Adrian Newey, già fautore di macchine vincenti in Williams e McLaren, ed il suo braccio destro a Woking, Peter Prodromou. Cambiò la fornitura di motore passando al V8 Ferrari, visto che in quella stagione ci fu il passaggio dal V8 al V10, ma non la lineup, che rimase la stessa della stagione d’esordio con Coulthard e Klien, il quale venne licenziato sul finire di stagione, visti gli scarsi risultati che ottenne, e rimpiazzato dal terzo pilota/collaudatore, l’olandese Robert Micheal Doornbos. A livello di risultati e prestazioni fu una stagione deludente, molti furono i ritiri, con un’unica nota positiva: il primo podio in F1 messo a segno dalla Red Bull grazie al veterano Coulthard in uno dei circuiti storici del calendario, e cioè Monaco. A fine stagione i punti furono solo 16 e la posizione in classifica sempre la stessa.

Le due stagioni seguenti furono sulla falsa riga di quella 2006, pochi punti e scarse prestazioni, tanto che nel paddock la Red Bull era ormai rinomata più per le loro feste che altro. Nel 2007 ci furono due novità una sul fronte motore, l’abbandono al motore Ferrari per passare a quello Renault (che farà, successivamente, le fortune del team austriaco), ed una sulla lineup, andando a richiamare l’australiano Mark Webber, già pilota Jaguar nel 2004, che si toglierà la soddisfazione di finire sul podio nel convulso e celebre GP d’Europa nel 2007 al Nurburgring. I punti conquistati questa volta furono 24, ma con un balzo in avanti in classifica costruttori, agguantando la 5° posizione, sfruttando anche la squalifica della McLaren-Mercedes per la nota Spy Story.

Nel 2008, per la prima volta nella sua giovane storia, il team decise di percorrere la strada della continuità sia sul fronte motoristico che su quello dei driver, riconfermando tutto. Ma erano all’oscuro di un evento straordinario che sarebbe successo da lì a pochi mesi. Momento che arrivò durante un weekend piovoso di metà settembre, sul tracciato di Monza, la prima pole ma soprattutto la prima vittoria per la famiglia Red Bull da quando aveva messo piede in F1. Ma non arrivò dal team factory, ma bensì dal junior team la Scuderia Toro Rosso, nato dalle ceneri dell’italiana Minardi, entrambi i risultati grazie ad un pilota biondo di nazionalità tedesca, nato Heppenheim, di nome Sebastian Vettel.

Quel weekend segnerà le sorti future della Red Bull Racing, perché da lì in avanti Vettel porterà il team junior regolarmente davanti al team factory, agguantando un incredibile 8° posto nel mondiale piloti e la Toro Rosso si piazzerà proprio davanti alla casa madre, al 6° posto con 39 punti, mentre la Reb Bull farà segnare 10 punti in meno, 29, ed un ennesimo 7° posto nel costruttore.

Red Bull 2007
Red Bull 2007

L'EPOCA D'ORO DELLA RED BULL

Per il 2009, anno del grandissimo cambiamento regolamentare sul fronte aerodinamico con diminuzione del carico e rottura con il recente passato delle monoposto, il board della RB, nelle persone di Horner, il TP, il grande boss della RB, Mateschitz, ed il super consulente dei “bibitari”, Helmut Marko, decisero che era arrivato il momento di promuovere il primo prodotto della loro Academy dallo junior team a quello factory, il sopracitato Sebastian Vettel. A differenza di quanto possa sembrare non fu affatto facile convincere il giovane tedesco a fare il salto a Milton Keynes, perché ormai a Faenza aveva trovato la sua dimensione e l’ambiente giusto per dimostrare il suo talento e le sue qualità. Alla fine il difficile corteggiamento andò a buon fine, e Seb prese il posto di David Coulthard, che si ritirò alla fine del 2008, andando ad affiancare Webber.

La scelta si rivelò subito azzeccata, perché il giovane talento, dopo i primi due weekend molto complicati, spezzò il tabù di pole e vittoria per il team alla terza gara in Cina, centrando la pole sull’asciutto il sabato e la vittoria sul bagnato la domenica, la 2° per lui dopo quella di pochi mesi prima nelle stesse condizioni a Monza, e grazie al secondo posto in rimonta di Mark Webber, la scuderia anglo-austriaca poté festeggiare anche la prima doppietta nella sua storia. Quel weekend fu molto importante anche sul fronte politico, perché venne rigettato il ricorso nei confronti della Brown, della Toyota e della Williams sul discussissimo doppio diffusore, ed infatti il mago Newey riuscirà ad introdurlo tre gare più tardi anche sulla sua RB5, sulle stradine di Monaco.

La Red Bull, di fatto da Monaco, divenne la macchina più performante del circus, anche più della Brawn GP che a fine anno vincerà i titoli grazie al vantaggio acquisito nella prima metà dell’anno con la soluzione del doppio diffusore, visto che nella seconda parte non ebbe le risorse per sviluppare la BGP 001. Ed infatti i podi e le vittorie non tardarono ad arrivare, Vettel centrò la 2° vittoria del team, in casa a Silverstone, facendo registrare il suo primo hat trick (pole, giro veloce in gara e vittoria) infrangendo il record di più giovane pilota a riuscirci fino a quel momento, e conseguente doppietta per la Red Bull con il secondo posto di Webber. Weekend successivo, in casa di Seb al Nurburgring, le sorti si invertirono con Mark che agguantò la sua prima vittoria in assoluto in F1, nel tracciato dove afferrò il suo primo podio, e Seb la seconda posizione. Chiusura in bellezza alla prima sul tracciato, in notturna, di Abu Dhabi con altra doppietta, Seb primo e Webber secondo. Ma quello che né la Red Bull e ne Vettel potevano immaginare, è quello che sarebbe successo 12 mesi più tardi proprio sul tracciato negli Emirati.

Finalmente il bilancio stagionale per la Red Bull fu più che positivo, chiudendo la stagione con 6 vittorie, 4 per Vettel (Cina, Inghilterra, Giappone, Abu Dhabi) e 2 per Webber (Germania, Brasile), 5 pole, 4 per il tedesco (Cina, Inghilterra, Turchia, Giappone) e 1 per l’australiano (Brasile), e 15 podi. Tutto questo valse la 2° posizione nel mondiale costruttori con 153,5 punti dietro alla Brawn, ed il titolo di vice campione del mondo piloti anche per il giovane Sebastian Vettel.

Sulla scia dei buoni risultati colti nella seconda parte di stagione, la Red Bull si affaccia alla stagione come una delle favorite per la conquista del mondiale. In qualifica non c’è né per nessuno, tant’è che farà segnare 7 pole nelle prime 7 (4 Webber, 3 Vettel), 15 in totale su 19 di cui ben 10 per Sebastian Vettel, ma in quella porzione di campionato raccoglierà solamente 3 vittorie, perché in gara soffre un po' di problemi di affidabilità. Nella gara inaugurale sul tracciato endurance del Bahrain, Vettel stava tranquillamente dominando dalla pole, quando un problema agli scarichi lo costringe a cedere il passo alle due Ferrari di Alonso e Massa ed alla McLaren di Hamilton, e per lui arriva un amaro 4° posto, che farà il paio con un problema ai freni che lo costringerà al ritiro nella ghiaia nel weekend successivo in Australia. Potenziali due vittorie bruciate, ma il riscatto arriva prontamente in Malesia dove la Red Bull mette assegno una doppietta grazie ad una partenza strepitosa del tedesco che brucia Hamilton ed il compagno che scattava dalla pole. Webber risponde con le successive due vittorie per il team in Spagna ed a Montecarlo, ambo dalla pole, con Vettel rispettivamente 3° e 2°. Ma gli animi tra due stanno per deflagrare e l’occasione si presenta in Turchia quando vanno al contatto, con il giovane tedesco costretto al ritiro, mentre l’esperto australiano agguanta il 3° gradino del podio, ed i due ovviamente nel dopo gara non se le mandano a dire. Il campionato prosegue con la Red Bull in lotta con entrambi i piloti insieme ad Alonso della Ferrari ed Hamilton su McLaren. L’asturiano e l’australiano, molto amici, si intervallano in testa alla classifica con il tedesco sempre un po’ staccato, mentre Red Bull nel costruttori prende la vetta in Ungheria che non abbandonerà più fino alla termine del campionato, con il sigillo messo grazie alla doppietta nella penultima gara in Brasile. Nelle ultime 4 gare del campionato però esce fuori Sebastian Vettel, con 3 vittorie su 4, nonostante l’esplosione di motore in Corea mentre stava dominando nuovamente la gara sotto una tempesta di pioggia, con il compagno andato a muro e l’alfiere della Ferrari che successivamente vincerà quella gara. Tutto questo poteva far pensare che per lui le speranze mondiali fossero finite. Si presentò ad Abu Dhabi con 15 punti di ritardo dal leader Alonso e 7 dal compagno di squadra, a lui serviva la vittoria e che Alonso non arrivasse tra i primi 4. Dominò letteralmente quella gara partendo dalla pole centrando la 10° vittoria in F1, quella sicuramente più dolce perché, approfittando di un errore strategico della Ferrari che fece rientrare Alonso troppo presto buttandolo nel traffico di Petrov che non riuscì a superare facendogli chiudere la gara al 7°, si laureò per la prima volta campione del mondo, diventando, record ancora attuale, il più giovane pilota a riuscirci a soli 23 anni, 4 mesi ed 11 giorni.

Si concluse in maniera trionfale la stagione della RB6, con i primi due titoli iridati per la squadra austriaca, e con un totale di 9 vittorie, 5 Vettel (Malesia, Europa, Giappone, Brasile ed Abu Dhabi) e 4 Webber (Spagna, Monaco, Inghilterra, Ungheria), 22 podi che fruttarono 498 punti, visto che proprio in quella stagione cambiò il sistema di punteggio.

Cosa volere di più dopo aver vinto due titoli l’anno precedente??? Il dominio assoluto. Ed il 2011 per la RB7 andò proprio in questa maniera. In qualifica fece record con ben 18 pole position in 19 gare e 12 vittorie totali. Vettel nel 2011 fu semplicemente devastante, delle 18 pole della Red Bull lui ne colse ben 15, record assoluto in F1, ed in gara fu chirurgico e costante così da finire quasi ogni domenica a podio, solo in due occasioni non vi salì: a casa sua al Nurburgring ed Abu Dhabi a causa di una foratura che lo mise ko dopo pochi metri quando, neanche a dirlo, partiva dalla pole. Questi risultati, con ben 11 vittorie (Australia, Malesia, Turchia, Spagna, Monaco, Europa, Belgio, Italia, Singapore, Corea del Sud, India) portarono Seb a bissare il titolo dell’anno precedente con 4 gare d’anticipo sul suo circuito preferito, Suzuka, dove gli bastò un 3° posto per festeggiare l’essere diventato il due volte campione del mondo consecutivo più giovane della storia. Il suo compagno fu meno regolare in gara ed un po' di più in qualifica, ma per Webber a fine anno arriverà un terzo posto nel mondiale piloti, mettendo assegno 3 pole ed 1 sola vittoria nell’ultimo appuntamento in Brasile. Come si evince per la RB arrivò il secondo mondiale costruttori molto facilmente con tre gare d’anticipo, registrando la stagione migliore nella sua storia come punteggio, ben 650 punti, pole e podi, 27 in totale.

La stagione 2012 fu una delle più belle stagioni con ben 7 vincitori diverse nelle prime sette gare, ma per la RB non fu un avvio brillantissimo dopo il dominio totale dell’anno precedente, infatti arrivarono solo 2 vittorie in quelle famose 7 gare, con Vettel in Bahrain e Webber a Monaco, e nessun podio aggiuntivo, solo molti 4° posti soprattutto con l’australiano. Si vedeva che ormai il progetto era arrivato quasi al limite, perché anche in qualifica, uno dei punti di forza degli ultimi anni del team, la macchina raccolse solo 8 pole, numero più basso da quando i “bibitari” iniziarono a vincere i titoli, ripartite tra i due piloti: 7 per Seb, 1 solamente per Mark. L’occasione di vincere la terza gara si presentò a Valencia, durante il GP d’Europa, ancora una volta Vettel fu costretto al ritiro mentre stava dominando la gara dalla pole per un guasto sulla sua RB8. Quella gara la vincerà Alonso, che prenderà il comando della classifica, che accumulò un vantaggio enorme, arrivando a toccare il massimo vantaggio prima di Spa, con 40 punti su Webber e 42 su Vettel, e tutto faceva presagire che il mondiale potesse far ritorno a Maranello. Nel mentre ci fu la terza vittoria stagionale della RB grazie a Webber a Silverstone nel GP di casa del team, con Vettel arrivato 3°, ma il clima era tutto fuorchè disteso tra i due, perché ci fu un battibecco su un nuovo muso da montare oppure no, e l’australiano al termine della gara, dopo la sua vittoria, esclamerà la frase “Non male per un secondo pilota” riferendosi a quanto successo durante le libere. A Spa una manovra folle di Grosjean, costerà il ritiro ad Alonso in partenza, che si vedrà decollare il francese a pochi centimetri dal suo casco, e con Vettel che chiuderà 2° alle spalle di Button, il vantaggio diminuì sotto i due quasi GP di vantaggio. Ma arrivati a Monza l’asturiano è deciso a riaprire il gap tra i due, e nonostante una pessima qualifica che lo vedrà partire dalla 10° riuscì ad agguantare la seconda posizione, mentre per il tedesco, e la RB tutta, fu una domenica da dimenticare. Vettel incappò prima in un drive-through proprio per una difesa troppo aggressiva su Alonso in Curva Grande, e successivamente a quasi 10 giri dal termine, un problema all’alternatore lo mise ko. Non andò meglio a Webber che andò in testacoda negli ultimi giri e fu costretto anche lui al ritiro. Se nel costruttori la situazione era abbastanza in controllo anche dopo Monza, con il team anglo-austriaco sempre in vetta, per il mondiale piloti la classifica recita Alonso in vantaggio di 39 punti su Vettel 4° e 47 su Webber 5°, dopo una mazzata ed un distacco del genere chiunque si sarebbe arreso, ma non Sebastian Vettel. Ci si approcciava alla gara sulle strade di Marina Bay, quello che negli anni diverrà il giardino di casa del campione tedesco, con Alonso in totale controllo, mentre Vettel e la RB potevano solo sperare in un miracolo provando a vincerle tutte. Seb che fino a quel momento aveva vinto solo una gara ad inizio stagione in Bahrain, vincerà 4 GP di fila: Singapore, Giappone, Corea del Sud ed India. In Giappone complice l’uscita al via di Alonso, il pilota della RB si porterà a solo 4 lunghezze dall’asturiano, completando il sorpasso in Corea, con Webber 2°, che comporrà la doppietta RB, ed Alonso sul gradino più basso del podio. Questo determinò che il campione tedesco salì in vetta alla classifica per la prima volta in quella stagione ed con ulteriore allungo grazie alla vittoria in India. A questo punto il momentum del mondiale era variato ed era in mano di Vettel, e la RB si avvicinava sempre più al 3° titolo costruttori consecutivo e della sua storia. Ma ad Abu Dhabi, complice un irregolarità per il quantitativo di carburante rilevato dagli steward sulla macchina n° 1, il tedesco sarà costretto a partire dai box con la possibilità, però, di rompere il parc fermè e modificare l’assetto della RB8. E questa mossa si rivelerà vincente perché, nonostante qualche disavventura durante il regime di SC che lo costringerà ad una sosta ulteriore per cambiare l’ala anteriore danneggiata, Vettel negli ultimi giri riuscirà ad agguantare il podio e limitare i danni, visto che Alonso giunse solo 2°. In USA uno strepitoso Hamilton soffierà la vittoria a Seb il quale, partito dalla pole, non poté contenere la rimonta della McLaren e si accontentò di un secondo posto che era oro in ottica mondiale, visto che Alonso arrivò solo 3° scattando dalla 7° posizione, usufruendo dell’apertura dei sigilli del cambio del suo compagno Massa che si era qualificato davanti a lui. Al termine di questa gara la RB si laurerà matematicamente campione del mondo tra i costruttori per la 3° volta.

Siamo all’ultimo appuntamento a San Paolo in Brasile, a Vettel basterebbe arrivare davanti ad Alonso o comunque non troppo lontano. Il tutto sembra filare liscio visto che in qualifica si posizionerà davanti allo spagnolo, ma come lui stesso dirà qualche anno più tardi, ad Interlagos aspettati che accada tutto ciò che non ti aspetti. Ed infatti il GP del Brasile 2012 passerà alla storia come uno dei più incredibili e rocamboleschi di tutta la storia della F1. Alla partenza una leggera pioggerella cade sul tracciato. In avvio lo stacco di frizione per Alonso è super consentendogli di sopravanzare le due RB, con Vettel che dovrà perdere posizioni alzando il piede ed evitare una collisione, visto che Webber non gli renderà la vita facile in partenza. Ma l’incredibile accade in curva 4: Vettel viene toccato dietro da Bruno Senna, questo lo farà finire in testacoda ma con uno squarcio incredibile sul fondo, nella zona dello scarico, come si vedrà da una foto fatta durante un pit stop dai tecnici RB, ma il fatto clamoroso fu che nonostante tutto riuscì a proseguire. Ovviamente il leader del mondiale si ritrovò in fondo al gruppo, mentre il suo rivale agguantava il podio durante il primo giro. Per Seb fu un rollercoaster di emozioni quel pomeriggio, complice anche errori del team ai box in più di un’occasione (infatti fu costretto a rimontare dal fondo della classifica diverse volte), un Webber che non ne voleva sapere di lasciargli strada tranquillamente quando i due si incrociavano, ed il meteo che ogni tanto buttava acqua sulla pista, facendola diventare ancora più scivolosa. Ma come da lui stesso confermato, nonostante tutte le avversità di quel pomeriggio, ci credette sempre, e con questa convinzione riuscì in un’impresa incredibile, agguantando un traguardo che solo pochi mesi prima sembrava impossibile. Bastò un 6° posto finale, pur con Alonso arrivato 3°, a farlo laureare per la 3° volta consecutiva, nonché il più giovane pilota a riuscirci per tre volte di fila, campione del mondo di F1.

Terza doppietta consecutiva di mondiali per la RB, che conterà solo 14 podi e 7 vittorie, 5 per Vettel (Bahrain, Singapore, Giappone, Corea del Sud, India) e 2 per Webber (Monaco, Inghilterra), ed un bottino di 460 punti.

Nel 2013 la RB9 e Sebastian Vettel furono un tutt’uno, e la chiara dimostrazione di come uomo e macchina possono fondersi per dar vita a qualcosa di straordinario è racchiusa tutto nel GP di Singapore, a mio parere una delle best performance di Seb in F1. In quella gara rischiava seriamente, se non interrotta diverse volte dalla SC, di doppiare l’intera griglia. Il tedesco alla fine del campionato vedrà la sua forza e costanza premiata con ben 16 podi in una stagione. Nella seconda gara in Malesia il già precario rapporto tra i due compagni di squadra vide un altro momento di altissima tensione, infatti la gara passerà agli archivi come quella del famoso “Multi 21”, che altro non era che messaggio del box RB ai due piloti per bloccare le posizioni visto che stava maturando una doppietta, ed evitare incidenti, con Webber (2), che avrebbe dovuto vincere la gara, e Vettel (1) rimanere in seconda posizione. Peccato che il tedesco non fu dello stesso avviso, ed infatti proprio perché sentiva di essere più veloce del compagno, lo andò a riprendere generando una risposta non proprio morbida nei suoi confronti da parte dell’australiano che lo porterà quasi contro le barriere del rettilineo del traguardo, ma si dovette arrendere alla furia del tedesco qualche curva più tardi, con un annesso gelo durante il retro podio, dopo la doppietta maturata in pista.

In quella prima parte di mondiale montavano le critiche sulle gomme Pirelli che costringevano a moltissimi pit stop, lo stesso Vettel dopo il GP di Spagna si lamentò di questo. Il culmine ci fu a Silverstone con gomme che esplodevano a destra ed a manca, ma non bastò a Seb ed alla RB per vincere il GP perché loro vennero fermati da un problema al cambio. Andò meglio a Mark che riuscì ad agguantare una seconda posizione. Vettel si rifece subito andando a cogliere, finalmente, la sua prima vittoria in un GP di casa, al Nurburgring, dopo che per tutta la gara fu assediato dalle Lotus di Grosjean prima e del suo amico Kimi Raikkonen poi. Gara successiva altro podio in Ungheria, ma da Spa stava per aprirsi la striscia record di vittorie consecutive che ancora oggi è imbattuta. Infatti dalle Ardenne fino all’epilogo ad Abu Dhabi il vincitore per 9 GP di fila fu solo uno: Sebastian Vettel. Chiaramente arrivò la 4° doppietta consecutiva di titoli mondiali, aritmeticamente conquistate entrambe al termine del GP India, e Seb si trattò fece segnare anche il record di 4 volte iridato più giovane della storia.

Per la RB si chiuse un’altra annata a dir poco straordinaria, 13 vittorie tutte a targa Vettel, che andò ad eguagliare anche il record come maggior numero di vittorie in una stagione detenuto dal suo mito Micheal Schumacher, 11 pole, ridistribuite tra i due piloti in 7 per il tedesco e solo 2 per l’australiano, ed i podi al termine della stagione furono 24, facendo ammontare la sommatoria dei punti a 596.

Ma con il termine di questa stagione, tramontò anche il quinquennio d’oro targato Red Bull.

Red Bull RB6
Red Bull RB6

L'ERA IBRIDA, L'ADDIO DI SEB, L'ARRIVO DI VERSTAPPEN

Nel 2014 la F1 entrò nell’era dell’ibrido, salutando i V8 aspirati da 2.4 di cilindrata, per dare il benvenuto ai motori turbo V6 da 1.6 cc. E la Red Bull salutò Webber, che a termine del 2013 si ritirò, promuovendo dalla Toro Rosso il giovane connazionale Daniel Ricciardo, dopo 6 anni cambiò nuovamente la lineup. Questa stagione aprì il totale dominio Mercedes, che dura ancora oggi, e per la RB fu una stagione non proprio da buttare, ma comunque senza concrete possibilità di vittoria dei titoli per via del motore sottoperformante. Il nuovo che avanza mise in ombra il 4 volte campione del mondo, che molto probabilmente ritenne concluso il suo ciclo in quel di Milton Keynes. Daniel Ricciardo nella stagione d’esordio per il team factory, riuscì ad agguantare la sua prima vittoria in F1 in Canada, complice problemi d’affidabilità per il surriscaldamento eccessivo dei freni per le due Freccie d’Argento, poi si ripetette in Ungheria ed in Belgio, il tutto coronati da altri 5 terzi posti. In verità andò a podio già alla gara d’esordio nella sua Australia, ma fu squalificato per un’irregolarità con il flusso di carburante.

Per Vettel arrivarono comunque 4 podi, l’ultimo dei quali in Giappone, nel weekend in cui annunciò il suo passaggio in Ferrari l’anno successivo, chiudendo così la sua era d’oro in Red Bull.

Al termine della stagione 2014 il team austriaco chiuse al secondo posto dei costruttori con 405 punti, 12 podi, e 3 vittorie come detto, ma 0 pole, evento che non capitava dalla stagione 2008, e vedrà allungare questo digiuno per altri due anni.

Con l’addio di Vettel, Marko ed Horner, decisero di promuovere il russo Daniil Kvyat. Questa stagione segnò l’inizio del declino della RB, infatti la RB11 non si rivelò per niente perfermormante, e per questo a fine anno il conto delle vittorie rimase fermo a zero, quello dei podi toccò quota 3 (2 per Ricciardo ed 1 per Kvyat), mentre in classifica costruttori c’è da segnalare un amaro 4° posto con soli 187, il minimo fatto segnare dal team con il nuovo sistema di punteggio, a discapito di Williams 3° e di una Ferrari ritornata competitiva, che chiuse 2° grazie alle 3 vittorie dell’ex Sebastian Vettel, che in Ungheria si affermò davanti a Kvyat 2° e Ricciardo 3° ed a Singapore vinse davanti al suo ex compagno di squadra dopo una gara tirata, ma sempre in controllo per il tedesco, dopo che al sabato fece registrare una pole assurda, la prima in Ferrari, mentre per la Rossa si trattava di un ritorno al palo dopo 3

anni. L’anno seguente ci fu il cambio di denominazione della PU, il nuovo nome che fu frutto della sponsorizzazione del marchio di orologi TAG Heuer, ma di fatto rimaneva un motore Renault. Le cose però migliorarono, con Ricciardo nelle prime gare costantemente a ridosso del podio, e Kvyat che raggiunse il podio in Cina, alle spalle di Vettel di cui aveva preso il posto, il quale però nel retro podio si fece sentire per una partenza alquanto spavalda del russo che stava per centrare la macchina n°5, la quale per evitare il contatto, chiuso in un sandwich, andò ad urtare il suo compagno Kimi Raikkonen. Purtroppo Kvyat la combinò grossa alla partenza del suo GP di casa a Sochi, andando a centrare per ben due volte il pilota della Ferrari ex Red Bull, il quale furibondo non poté che finire la sua corsa nelle barriere di curva 3. Questa mossa costò carissimo a Kvyat che venne retrocesso di sana pianta in Toro Rosso, ed al suo posto venne promosso un certo Max Verstappen, il quale all’esordio in Red Bull a Barcellona centrò subito la vittoria all’esordio, iscrivendosi nel libro dei record del più giovane vincitore di una gara di F1, scippando il record a quel Sebastian Vettel che ottenne il record nel 2008 a bordo di una Toro Rosso, approfittando del harakiri Mercedes avvenuto dopo partenza sull’allungo che da curva 3 porta a curva 4. Il giovane olandese si rivelò subito un talento purissimo, combinato alla costanza di Ricciardo, il quale riuscì ad ottenere una vittoria in Malesia e ben 7 podi, e il crollo Ferrari, nella seconda parte di stagione si materializzò il sorpasso sulla scuderia di Maranello nel mondiale costruttori. Al termine del 2016, alla vigilia di una rivoluzione regolamentare massiccia che vedrà il ritorno a gomme più grandi e con le nuove macchine che disporranno di un aumento del carico aerodinamico, la squadra anglo-austriaca chiuse la stagione al secondo posto con 468 punti, 1 pole fatta segnare da Ricciardo a Monaco, 2 vittorie e 16 podi. Per la stagione 2017 visto il cambio regolamentare e visto che il progettista è un certo Newey, la RB viene accreditata nella offseason come pretendente al titolo, in grado di spezzare il ciclo Mercedes. Purtroppo per Milton Keynes si rivelò tutto completamente sbagliato. Anzi non furono mai in lotta per il titolo, vuoi per una pu ancora sottoperformante, vuoi per una macchina che non aveva il giusto bilanciamento, eppure riuscirono a centrare 3 vittorie. Quella di Ricciardo a Baku fu rocambolesca, si aggiunsero altre 2 vittorie con Verstappen, in Malesia ed il dominio del Messico, dove l’elevato carico aerodinamico della macchina unito al fatto che la PU francese monta un turbo esagerato, sui 3000 metri di quota a Città del Messico, hanno aiutato l’olandese e la RB, il quale però si è visto soffiare la pole all’ultimo dopo un dominio totale nelle libere e nelle prime due sessioni di qualifica, manco a farlo apposta da Vettel che difese il suo record di più giovane polesitter in F1. Nonostante le speranze di vittoria furono sotterrate per la scarsa affidabilità del motore (i ritiri furono parecchi a causa di questo motivo) la RB riagguantò il podio nel costruttori, 3° posto con 368 punti, nuovamente zero pole e 13 podi. La stagione seguente la musica non cambiò affatto per i soliti motivi legati alla PU, ed è per questo che dopo 11 anni, culminati con 4 doppiette di titoli mondiali, a fine stagione RB e Renault si separeranno. Nel frattempo Marko ed co. puntarono tutto su Verstappen, che nonostante un po' di irrequietezza mostrata nel corso di questi due anni (tanti furono gli incontri ravvicinati avuti specialmente con le Ferrari, l’ultimo dei quali con Vettel in Cina di quell’anno, che costò all’alfiere Red Bull la vittoria del GP, ma anche una manovra azzardata in difesa la gara successiva sul compagno di squadra, che risolse in un maxi tamponamento che mise fuori gioco entrambi), iniziò un percorso di maturazione dovuta alla mancata occasione di agguantare la prima agognata pole in F1 a Monaco. L’aveva in pugno per quanto mostrato nelle libere ma in FP3 commise lo stesso identico errore di dodici mesi, quella volta fu in Q2. Andò contro il guardrail di destra all’entrata delle piscine e ruppe il braccetto della sospensione. I meccanici di Milton Keynes non riuscirono a compiere il miracolo e lui dovette partire ultimo. Il suo compagno Ricciardo nel mentre conquistò quella pole e la relativa vittoria, nonostante un problema all’ibrido riuscì a difendersi agli attacchi di Vettel, non un’impresa a Monaco vista la grandezza di queste macchine e la difficoltà di superare una macchina davanti pur con parecchi CV in meno. Il buon Daniel era riuscito a vincere anche precedentemente in Cina, e con la vittoria di Monaco sembrava imminente il rinnovo del contratto, ma capì che il vento in RB era cambiato, ed un po’ a sorpresa siglò un accordo con la Renault per la stagione successiva. Da quel momento non fu più in grado di salire sul podio, anzi patì numerosi ritiri, ma si levò comunque la soddisfazione di soffiare all’ultimo la pole al compagno, per una manciata di millesimi, in Messico. Al contrario Verstappen si affermerà due volte con diversi podi all’attivo. Per la RB a fine stagione il risultato in termini di punti aumentò, 419 quelli conquistati, ma la posizione di classifica fu la stessa della stagione precedente. Furono 4 le vittorie, 2 per pilota come detto, 2 le pole e 12 i podi.

Ricciardo e Verstappen
Ricciardo e Verstappen

L'AVVENTO DI HONDA E L'ARRIVO AI GIORNI NOSTRI

La stagione 2019 vide l’ingresso come fornitore di motore della tanto bistratta, fin lì, Honda, la quale però aveva intrapreso un percorso di crescita delle performance in termini di prestazione e soprattutto di affidabilità nel 2018 con il junior team Toro Rosso. Novità anche al fianco di Verstappen, fu promosso un altro prodotto del vivaio Red Bull sempre dalla Toro Rosso, in questa occasione fu la volta del francese Pierre Gasly. Dal punto di vista tecnico ci fu la semplificazione dell’ala anteriore rispetto alla stagione precedente. Le incognite per la PU giapponese erano tante, infatti la RB non fu inserita tra le favorite per il titolo. Nel frattempo Verstappen sfoggiò una costanza impressionante, il peggior risultato fu un 8° posto a Monza, dovuto al fatto che decisero di prendere penalità per il cambio della pu oltre a due ritiri patiti per incidenti. Era sempre aggressivo ed un osso duro, ma molto più riflessivo del recente passato, e riuscì anche nell’impresa di riportare alla vittoria l’Honda in F1 dopo diverse decadi, prima nel tracciato della Red Bull a Spielberg e poi sotto il diluvio al Hockenheimring. Quelle che preoccupavano erano le prestazioni del giovane francese, al quale, purtroppo, toccò la stessa sorte di Kvyat, e cioè retrocessione in Toro Rosso (dove ritrovò proprio il russo come compagno di squadra), e conseguente promozione per il rookie anglo-thailandese Alexander Albon.

Albon fece registrare buone prove e andò vicino a sfiorare il podio in Brasile, quando un contatto con Hamilton lo privò di questa gioia. Alla fine riuscì a guadagnarsi il rinnovo per il 2020. La stagione partita con tante incognite per via della nuova PU si rivelò alquanto soddisfacente, i punti ottenuti nel costruttori furono solo due in meno del 2018 e la posizione di classifica fu sempre la 3°. Il bottino registra 2 vittorie, 2 pole, le prime due in carriera per Verstappen che ruppè questo tabù in Ungheria per poi bissare in Brasile, e 9 podi. 

La stagione 2020 fu ritardata a causa Covid-19, e la partenza non fu esaltante. Alla gara d’esordio al Red Bull Ring Verstappen fu subito messo ko da un problema alla PU, ed Albon privato di una lotta per la vittoria di nuovo per un contatto con Hamilton. La stagione, complice anche il clamoroso calo prestazionale della Ferrari, ed una Mercedes sempre più inarrivabile, prosegue su buoni binari. Per Max prosegue la maturazione e la costanza di risultati, questa volta i ritiri furono 3 (2 per problemi tecnici ed uno causato da un incidente), ed il peggior risultato in gara fu un 6° posto sotto il diluvio in Turchia, dove si divorò una possibile vittoria a causa di un errore abbastanza banale. Riuscì comunque ad aggiungere 2 vittorie al suo palmares, la prima nella gara2 a Silverstone e la seconda nell’appuntamento conclusivo di Abu Dhabi, dove la RB mancava dal 2013. Per Albon arrivò il primo podio al Mugello, bissandolo in Bahrain, ma le sue prestazioni, sempre lontane da quelle di Verstappen, non convinsero il board RB, che a fine stagione decise di affidargli il ruolo di terzo pilota per il 2021, prendendo una decisione di rottura rispetto al passato, decidendo di andare a pescare un pilota dal mercato e non dal proprio junior team. La scelta ricadde su Sergio Perez, pilota d’esperienza e molto costante, che poche settimane prima raccolse la sua prima vittoria in F1 a bordo della Racing Point.

La RB riuscì ad agguantare la 2° posizione nel costruttori, risultato che non raggiungeva dal 2016, con 2 vittorie siglate da Verstappen, 1 pole, sempre con il 33 nella gara finale di Abu Dhabi, e 13 podi all’attivo che fruttarono 319 punti, dovuti anche al fatto che le gare disputate furono solo 17.

Red Bull 2020
Red Bull 2020

STATISTICHE

Mondiali Piloti: 4 (Sebastian Vettel x4, 2010-2013);

 

Mondiali Costruttori: 4 (2010-2013);

 

Vittorie: 64 (Sebastian Vettel x38, Max Verstappen x10, Mark Webber x9, Daniel Ricciardo x7);

 

Podi: 183 (Sebastian Vettel x65, Max Verstappen x42, Mark Webber x41, Daniel Ricciardo x29, David Coulthard x2, Daniil Kvyat x2, Alexander Albon x2);

 

Pole Position: 63;

 

Giri Veloci: 68;


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