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OLTRE IL DOLORE: LAUDA, MICHAEL SCHUMACHER E JUAN MANUEL CORREA

DI LAURA PIRAS

Il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime.
(Marie von Ebner-Eschenbach)

Durante la mia vita ho riflettuto molto sul dolore, fisico e psicologico, ho pensato molto ai risvolti che il dolore ha le sulle nostre esistenze 

Il dolore può letteralmente spezzare una vita o può fortificarla, può scavare vuoti profondi nella nostra anima o colmarli di nuova visione e prospettiva. 

Tutti, prima o poi, facciamo i conti con questo eterno nemico della gioia. Il dolore non fa sconti a nessuno, non bussa alla nostra porta con tatto ed eleganza, non perde tempo in inutili presentazioni, anzi entra con prepotenza nel labirinto del nostro essere e occupa ogni angolo del nostro piccolo cosmo. 

 

Nessuno è esente da questa grande prova, neanche i nostri cari piloti. La storia della Formula 1 ci ha raccontato tantissime storie legate al dolore e alcune di essere sono davvero speciali, perchè si sono rivelate manifestazioni di come la disperazione e il patimento abbiano plasmato lo spirito di alcuni piloti facendoli tornare alle competizioni più forti di prima o facendoli ricondurre essenzialmente a ciò che amano fare, cioè correre.

 

 

 

Incidente Grosjean
Incidente Grosjean

Tutto accadde così velocemente che non ebbi il tempo di capire. I primi momenti in ospedale furono terribili. Urlavo per il dolore delle ustioni. Ma appena la situazione si normalizzò mi posi il problema se sarei tornato a correre oppure no. Ero integro dentro, solo la “carrozzeria” aveva riportato danni. Non avevo nessun dubbio: volevo e potevo tornare. Trentasei giorni dopo quando l’ingegner Ferrari mi vide a Fiorano in quello stato era spaventato e sconcertato. Ammetto che non fosse un bello spettacolo.

 

Niki Lauda

Era il 1 agosto 1976 e, sul famoso circuito del Nurburgring, avvenne uno degli incidenti più terribili della storia della Formula 1. Poco prima del Gran Premio si era abbattuto, sull'allora Nordschleife, un violento acquazzone che ricoprì tutti i 22.835 km dell'anello Nord.

 

L'atmosfera non era delle migliori, infatti poco prima dell'inizio ci fu una bella discussione fra tutti i piloti sull'effettivo svolgimento del gran premio. Per alcuni doveva essere cancellato o rinviato, per altri invece non c'era nessun rischio. Tra quelli che non volevano correre c'era Niki Lauda che si manifestava poco convinto nel voler procedere, visto che riteneva esserci molti pericoli. La competizione non si arrestò, anzi proseguì come se non fosse successo nulla. 

 

Al terzo giro, fra la curva Ex-Muhle e il tornante Bergwerk, Lauda non riuscì a controllare la sua Ferrari 312 T2 e andò prima a sbattere contro una parete laterale di natura rocciosa per poi rimbalzare proprio al centro del circuito. Oltre ad essere avvolta da un inferno di fiamme la macchina venne anche centrata da diverse vetture. 

In suo soccorso arrivò Arturo Merzario che sopraggiunse poco dopo sul luogo dell'incidente, Lauda rimase intrappolato nell'abitacolo della sua vettura, non riusciva ad uscire in completamente autonomia e aveva bisogno urgentemente di una mano per salvarsi da quella tempesta incandescente. 

 

Niki fu portato in tre diversi ospedali, aveva un'ustione di terzo grado sul volto e invece in altri parti del corpo le scottature erano solo di primo grado. 

I giorni successivi per Niki non furono minimamente una passeggiata, il dolore era insopportabile e le sue condizioni cliniche erano molto critiche non tanto per le ustioni quanto per i fumi della benzina che rischiavano di danneggiare sia polmoni che sangue. 

 

Niki lottò con tutta la forza che aveva in corpo, voleva tornare a guidare, il dolore non poteva significare qualcosa di importante per lui, per lui era determinante tornare a guidare e a sentire l'ebrezza della velocità.

 

Lauda si presentò all’autodromo di Monza dopo soli 42 giorni dall’incendio in Germania, tornò non ancora in perfette condizioni. Infatti qualche giorno prima del ritorno in pista, il pilota austriaco aveva provato la vettura a Fiorano e dovettero modificargli il casco per tentare di arginare alcune perdite di sangue causate dallo sfregamento sulle ferite ancora non perfettamente guarite, al fine di rendere più confortevole il tutto tolsero parte dell'imbottitura.

 

Lauda ebbe l'autorizzazione da parte dei medici a guidare. Fu un week-end davvero duro per Niki, alcune delle lesioni erano ancora sanguinolente e aveva ancora parecchi postumi ma, nonostante tutto, ottenne un bellissimo quarto posto.

 

"Vado a Monza ma non per vincere. È il mio primo Gran Premio dopo l’incidente del Nürburgring. Per me sarà soltanto un allenamento per quelli successivi, un modo per riacquistare la forma perfetta, lo mi sento pronto al 100 per cento, ma è un mese che non salgo su una vettura di F.1 e non so quale possa essere il mìo rendimento. Oggi tutto è andato bene e non ho avuto problemi particolari. Non sono tanto preoccupato per la guida, quanto per la resistenza allo sforzo fisico"

 

Niki Lauda

Incidente Niki Lauda
Incidente Niki Lauda

Dal 1976 facciamo un salto nel tempo arrivando al 1999, precisamente a quell'11 luglio che ha sicuramente rivoluzionato l'andamento del mondiale di quell'anno. 

 

Siamo sul circuito di Silverstone dove si terrà il Gran Premio di Gran Bretagna, a lottare per il mondiale sino a quel week-end sono Mika Hakkinen e Michael Schumacher che stanno ripetendo lo scontro del 1998.

 

Quando si ripensa a quella gara non credo che sia di vitale importanza rimembrare chi ha portato a casa il trofeo, nelle nostri menti credo che si palesi un'immagine simile ad un bel lampo rosso avviluppato da un vortice di polvere.

ll lampo rosso è Michael Schumacher con la sua F399 e la polvere è la curva Stowe. 

 

Allo start Hakkinen partì davvero bene mentre Michael non ebbe lo stesso scatto fulmineo tanto che fu superato sia da Irvine che da Coulthard. Nel mentre sulla griglia di partenza erano rimaste inchiodate sulla loro postazione le vetture di Villeneuve e di Zanardi, in virtù di tutto questo la direzione gara decise di far sventolare la bandiera rossa in modo tale da avere il tempo e il modo per rimuovere tali monoposto.

 

Tutto avvenne in poche manciate di secondi. Schumacher non ricevette nessuna comunicazione dai box e tirò come un pazzo, tentando di recuperare almeno la posizione sul compagno di squadra Irvine ed alla curva Stowe decise che era giunto il momento giusto per attaccare, ma qualcosa non funzionò a dovere. Michael oltrepassò all’interno Irvine ad una velocità decisamente troppo elevata e, non riuscendo a frenare, si schiantò contro il muretto in cemento che aveva come protezione due file di pneumatici. Michael tentò in tutti i modi di uscire dall'abitacolo della sua Rossa, targata con il numero 3 ma non ci riuscì. 

 

In una intervista rilasciata alla tv tedesca ZDF il Kaiser rappresentò lì quegli interminabili secondi che visse dopo l'impatto: “Credevo di morire. Ho sentito il cuore che si fermava. Sudavo, ho sentito che i battiti cardiaci diminuivano, il mio cuore improvvisamente si è fermato e tutto è  diventato nero. Non so esattamente quanto tempo è durato lo stato di incoscienza e da cosa fosse causato, ma è quello che ho sentito“.

 

L'esito di quello schianto fu, fortunatamente, solo una doppia frattura di tibia e perone della gamba destra ma ahimè la stagione del 1999 poteva dirsi conclusa. Michael poteva salutare, per l'ennesima volta, il mondiale che sino a quel gran premio era alla portata di mano. Michael fu portato nell'ospedale più vicino al circuito e a fargli compagnia c'era il sempre fedele Jean Todt. 

Schumy venne operato nel General Hospital di Northampton dove incominciò il lungo cammino verso il ritorno alle corse. 

 

"Visto in tv, l' incidente non sembra così orribile. Comunque non voglio più pensarci. E' stato un momento molto brutto, anche perchè era la prima volta che mi è capitato qualcosa del genere. Non vedo l' ora di lasciare questo ospedale, quello che mi interessa adesso è tornare a correre il più presto possibile". Ecco le sue parole dal suo letto di ospedale. 

 

Anche per Michael il dolore fu compagno per gran parte del percorso di guarigione e alcune volte fu insopportabile. Per tornare a correre il pilota tedesco provò la F399 a Monza ma alzò bandiera bianca, non riusciva a correre e decise di prendersi ancora più tempo per riprendere vigore e per recuperare la forma. Michael non sa che lo attende il destino, non sa che quel dolore sarà una fase essenziale per fare un passo oltre i suoi limiti. 

 

Schumacher tornò in Malesia, tutti si aspettavano di vedere quale era il reale feeling fra lui e la macchina e il mondo rimase di sasso. Il circuito di Sepang è la new entry del 1999, mai si era corso lì, nessuno conosce la pista e bisogna affidarsi al talento del pilota per capire realmente come andrà la gara. 

 

Schumy, sin dalle prime prove libere, confermò che la gamba destra non era un problema, anzi Michael giro dopo giro migliora la confidenza sia con il proprio mezzo e sia con se stesso tanto che risulterà stratosferico in qualifica, nessuno tiene il suo ritmo tanto che i distacchi sono abissali. 

 

Il dolore ha plasmato Michael, rendendolo più forte e incrementando la sua voglia di correre e di continuare a proseguire ed a perseguire il suo sogno. 

 

Come si suol dire Per aspera, ad astra. 

 

 

Incidente di Michael Schumacher
Incidente di Michael Schumacher

In questo viaggio nel tempo arriviamo al presente, testimone oculare di una storia fatta di amicizia, lutto, forza e passione. 

La storia che vi sto per raccontare ha come protagonista un giovane pilota di nome Juan Manuel Correa che ha vissuto veramente un incubo nell'ultimo anno e mezzo. 

 

Juan Manuel Correa Borja, nato il 9 agosto del 1999, è stato coinvolto il 31 agosto di due anni fa in un gravissimo incidente con Anthoine Hubert nel secondo giro della gara, di Formula 2, sul circuito di Spa-Francorchamps. Hubert purtroppo non ce l'ha fatta mentre Correa ha collezionato lezioni gravissime: fratture ad entrambe le gambe e un lieve infortunio alla colonna vertebrale. Per il pilota equadoregno è cominciato un lungo viaggio costellato di operazioni, 25 in tutto, un periodo di coma indotto e riabilitazione continua. 

 

“I dottori mi hanno praticamente ricostruito la gamba destra, mentre la sinistra ha avuto lesioni molto minori, tant’è che è bastato un solo intervento chirurgico. Il processo durerà un anno, dovrò fare altre operazioni e poi iniziare il recupero e la riabilitazione. Purtroppo è molto probabile che non riuscirò a riprendermi completamente per quanto riguarda la gamba destra, ma lotterò per poter nuovamente pigiare un acceleratore. Nella parte inferiore della tibia ho perso 6cm di osso, ma grazie ad un dispositivo speciale ora sta ricrescendo. Si tratta di quelle placche di metallo che si vedono spesso in giro, permettono all’osso di ricrescere di un millimetro al giorno. Il 23 dicembre avrò un altro intervento, cioè quando l’osso avrà raggiunto il piede, dopo di che dovrò attendere che sia abbastanza forte da poter sostenere il mio peso. Successivamente verranno rimosse anche le placche metalliche e in base al dolore e alla mobilità bisognerà valutare quali altre operazioni potrò sostenere“.

 

Correa ha mostrato in tutto questo tempo una forza di volontà incredibile, scongiurando anche l'amputazione della gamba destra, non si è mai perso d'animo anzi ha sempre lottato per inseguire i suoi sogni. E quel sogno si è avverato visto che tornerà a correre, non in Formula 2, ma in Formula 3 per un anno di transizione. 

 

"Dopo quell'incidente ho dedicato ogni energia per cercare di tornare in macchina. È una grande avventura ma mi sento e sto bene. Sono super motivato e divertito, ed è un buon segno. Voglio ringraziare chi ha creduto in me. Non guido una monoposto da un anno e mezzo, e dovrò affrontare un lungo viaggio. Non mi metterò pressione, proverò a farlo a mente libera. Ed è già una grande vittoria”.

 

I suoi obiettivi rimangono chiari nella mente, Correa vuole la Formula 1: 

 

“Anzitutto sono estremamente grato di poter tornare dopo quel che ho attraversato. Sono straordinariamente grato ad ART Grand Prix, per me vuol dire molto vedere che hanno creduto in me e nel mio ritorno. Sarà un anno di transizione in Formula 3, il mio sogno è ancora quello di raggiungere la Formula 1 e questo è il primo passo nel mio ritorno”.

 

 Noi aspetteremo con ansia il 9 maggio per la prima gara della Formula 3:

 

“Dal suo spaventoso incidente a Spa, il 30 agosto del 2019, Juan Manuel ha attraversato molte fasi, sempre lottando e tenendo in mente il non voler mollare il suo sogno di continuare a correre al livello più alto possibile.

È un esempio di tenacia e coraggio, ART Grand Prix è fiera di dargli l’opportunità del ritorno alle corse. Juan Manuel ha una mentalità fortissima, lotta per essere il più in forma possibile ed è affamato. Il talento al volante è immenso, come dimostrano i risultati nei go-kart e i primi anni nel motorsport. Siamo felici di accompagnarlo verso la ripresa della sua carriera e aiutarlo di nuovo nella scalata. Darà al team il vantaggio del suo talento ed esperienza”, ha commentato così Sebastien Philippe, presidente e a.d. di ART Grand Prix.

 

Juan Manuel ha mostrato come dal dolore si può uscire vincitore. Il dolore fa paura, il solo pensiero di sentire certe sensazioni fisiche ci fa venire i brividi. Questo ragazzo non solo ha dovuto sopportare una prova così grande e dura ma ha anche affrontato un lutto, al dolore si è aggiunta altra sofferenza, forse anche maggiore rispetto ai tormenti fisici perchè quando perdi un amico, spesso, perdi tutto. 

E invece Correa ha saputo rialzarsi, anche nel vero senso della parola, ha saputo trasformare la tristezza in danza anche per rispettare ed onorare la memoria di Anthoine che sicuramente vorrebbe vedere il suo amico correre, anche a suo nome. 

 

 

 

 

Juan Manuel Correa incidente
Juan Manuel Correa incidente

Queste sono solo tre storie di sofferenza, di patimento e di dolore che hanno avuto un lieto fine nella storia della Motosport.

 

Non possiamo dimenticare l'incidente accaduto ad Alex Zanardi sul circuito del Lausitzring come non possiamo scordare il recupero di Robert Kubica dopo l'incidente, avvenuto durante il Rally Ronde di Andora in località San Lorenzo nel territorio del Comune di Testico, incidente che ha causato gravissime lesioni al pilota, fra cui una frattura alla gamba destra, un'emorragia interna e lesioni multiple alla mano, alla spalla e al braccio destro.

 

Nella storia passata possiamo annoverare fra queste dinamiche anche gli episodi che hanno visto protagonisti Barrichello nelle prove del venerdì del Gran Premio di San Marino nel 1994 e Mika Hakkinen, Il 10 novembre 1995, durante la sessione di prove del venerdì pomeriggio del GP d’Australia ad Adelaide. Entrambi tornati in pista più forti che mai. 

 

Il dolore ha forgiato questi atleti e l'ha resi esempi di resilienza perfetta o semplicemente l'ha preparati a compiere imprese più grandi di loro. 

Il dolore ha fatto capire a questi sportivi che erano i padroni del loro destino e che niente è impossibile perchè ci attende qualcosa di importante se perseveriamo nella resistenza. 

Bisogna andare oltre la stanchezza, oltre la paura...oltre il dolore.  


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Commenti: 1
  • #1

    Fabio (mercoledì, 03 febbraio 2021 21:45)

    Articolo divorato...certo che incidenti davvero terrificanti e questi 3 piloti hanno messo davvero da parte tutta questa paura per tornare a guidare...
    E' proprio vero che quando ami qualcosa niente di preoccupa e vai avanti con la speranza di riaverla il prima possibile.
    Non conosceva la storia di Correa e mi ha impressionato.
    Come al solito, non solo riesci a spiegare in modo molto semplice e cristallino tutto, emozioni e questo mi capita di rado in una narrazione attuale fatta troppe volte di copia e incolla.
    Hai uno stile tutto tuo, si vede quando scrive la Luthien...
    Un caro saluto e continua così.